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sabato 31 ottobre 2015

COME MUORE UNA PASSIONE

Ho smesso di fare miniature perché mi sono ritrovata come un padre pellegrino a New York.
Tempo fa sono sbarcata in una terra semi deserta assieme a pochi altri, dove questo hobby delle 'case di bambola' era praticamente sconosciuto e l'entusiasmo che mi circondava era fortissimo. Sono nati gruppi che riunivano persone con la stessa passione e nascevano dal nulla riproduzioni della realtà in scala ridotta, poi è arrivata la prima associazione di categoria; un pezzo del mio cuore, un quinto della mia anima e piano piano metà del mio fegato, intossicato.
Sono passati dieci anni e ad una velocità sorprendente le case sono diventate grattacieli, altissimi e pieni di luci, sono diventate alberghi e fiere sparse nel mondo, i tubi delle stufe fatti con le cannucce delle bibite dipinte sono diventi tubi di metallo veri ridotti in scala, le finestre con i vetri fatti di acetato trasparente sono diventati vetri di vetro vero, il pane di pasta sintetica è diventato pane vero che non si deteriora e giorno dopo giorno è arrivata la perfezione in ogni cosa. Una perfezione che mi ha levato il respiro, come una cravatta con il nodo troppo stretto, quelle cravatte che danno il tormento ai funerali e che ci metti dentro il dito mille volte, tra nodo e collo, per guadagnare un attimo di sollievo ma non si allenta di un centimetro.
Dalle mie mani, nel frattempo, hanno continuato ad uscire cose fatte con il legno della May Flower, con le stoffe delle sottane delle mogli dei pastori protestanti e avanzi da rigattiere recuperati dell'immondizia restituita dal mare dopo una burrasca.
Non sono stata in grado di tenere il passo e in silenzio ho cominciato a rallentare mentre gli altri andavano avanti a passo svelto.
Il tempo trascorreva ed è fiorito anche il commercio delle meraviglie,
se fosse stato vivo Marco Polo sarebbe stato contento anche lui di tutto quello spettacolo, non sarebbe andato più nemmeno in Cina.
Nel frattempo io mi ero fermata e non sono stata in grado di ripartire più.
Guardando in alto, non riuscivo a contare di quanti piani fossero quei grattacieli, guardando in basso, avevo ai piedi ancora le scarpe nere con una grossa fibbia.
Avevano inventato gli aeroplani ma nel mio cielo c'era ancora il fumo dei treni a carbone e il mio viaggio è finito lì.

martedì 16 giugno 2015

LA LAVATRICE VIVE DI PIU'

Ci sono delle cose nella vita che ti fanno da Trebisonda.
Sono piccoli gesti, rituali, oggetti che stanno con noi da tempo, che riponiamo nello stesso posto, allo stesso modo e non spostiamo mai da lì. 
Gesti che ripetiamo automaticamente ma che senza i quali sembra che tutto prenda un altra piega. Sciocchi modi di camminare, aprire le porte, chiamare l'ascensore, lavarsi i denti, la sequenza con cui ci vestiamo, con cui mettiamo gli abiti sulla sedia. Il rituale del mattino appena svegli, il notiziario, la doccia, il caffè.
Tutte cose che ci rendono la vita familiare, ci danno una sorta di sicurezza.
Quando qualcosa cambia, un vecchio oggetto si rompe, saltiamo un rituale, ne dimentichiamo un pezzo, di colpo sembra che un pezzo di vita sia andato perduto, ricordi d'infanzia dimenticati. È una sensazione sgradevole, non piacciono tanto le cose nuove, fanno paura.
 Io erano anni che ascoltavo una musichetta un po' sciocca ma che ha raccolto tanti ricordi in diverse occasioni.
Era piacevole quando mi capitava all'orecchio.
Ora mi sento un po' come se mi avessero portato via la memoria, l ultima figurina per finire l'album, l' ultima goccia di inchiostro nella penna che non mi fa finire un pensiero.
Perché per una vita si è chiamato CALFORT e adesso è CALGON?
Vivrà più a lungo la lavatrice ma io mi sento morire un pezzo ....come il calcare.

Alla fermata del tram il menù de Milan

Alla fermata del tram una signora antica mi attacca un bottone esagerato parlando di cucina, ricette, caldo e non fame, ravioli industriali che non sanno di niente, pasta fresca e gnocchi di legno, poi mi guarda e mi dice: "ma a lei piace cucinare?"
 Le attacco io una cerniera da piumino col giro cappuccio compreso che se lo ricorderà tutta la vita. Le racconto i miei capolavori e lei, dapprima interessata mi dice "fortunato suo marito che si mangia tutte queste meraviglie, sarà felice", poi mi guarda strana e dice: "ma come mai è brava a fare lo strudel? Non è mica un dolce di Milano".
 Eh, signora cara, il panettone mi porta via un po' troppo tempo, quei due giorni di lievitazione mi sfasano un attimo.

venerdì 22 maggio 2015

UNES PERIENZA SEMPRE NUOVA

Pausa pranzo, salto all' Unes.
Prendo il latte per i deficienti intestinali, il pane e vado nel reparto surgelati.
Prendo il gelato al pistacchio per oggi pomeriggio e gli spinaci per stasera.
Apro lo sportello del congelatore verticale e mi scappa lo sguardo per terra.
Dal primo sportello fino a metà della parete di congelatori (sono otto) scorre un rigagnolo d'acqua abbastanza nutrito.
Guardo gli sportelli in prossimità di quell'acqua e vedo che è dalle guarnizioni di chiusura che esce e all'interno dei congelatori le scatole sono tutte bagnate e alcune hanno sopra delle visibili grosse gocce congelate.
Memore della frequenza con cui si sono sempre rotti tutti i frigoriferi dentro a sud punto vendita, decido di farlo presente al tipo alla cassa.
Finito di prendere quello che mi serve mi avvio a pagare. Alla cassa c'è un altra persona, è la seconda volta che lo vedo, avranno aumentato l'organico.
 Pago la mia spesa e dico al tale alla cassa: "Mi scusi, è normale che i congelatori perdano tutta quell'acqua?"
E il tale sorridendo risponde: "Ma sì, è un po' di condensa"
Più che condensa direi la Festa della Sensa, manca giusto la barca del Doge e sembra lo Sposalizio del mare in Canal Grande a Venezia.
Hanno assunto una persona nuova ma vedo che il criterio di scelta è standard.

LA VERA TASSA E' LA SIGNORA CHE SBUFFA


Sabato mattina, in attesa del mio turno per la compilazione del 730, inganno l’attesa facendomi i fatti miei sul mio telefono.
Non siamo in tanti, ma quelli che sono qui sono il concentrato del ‘non plus ultra’ del rincoglionito andante.
Ore 9 e 15, dopo aver fatto scorrere N pagine di Facebook e aver scambiato battute agli isotopi radioattivi con la moglie, uno degli astanti compone un numero di telefono e alla risposta dall’altro capo del filo risponde: “ Ciao, stavi dormendo?”
A quest’ora del sabato è anche probabile, prova a chiamare me a quell’ora e se non dici un nome di battesimo particolare ti scoppia lo smartphone in faccia.
Esimia testa di cazzo, non si chiama alle 9 e 15 del sabato mattina facendo la domanda più cretina del mondo, a meno che tu non sia più che certo che la persona lavora anche di sabato o sia sveglia per altri motivi la devi dare per ‘in coma farmacologicamente indotto’ e chiamare dopo mezzogiorno.
Se sei sua madre e hai un’urgenza il discorso cambia, ma per dire che il preventivo cambia di 30 euro è da coglioni, per una porcata da 30 denari qualcuno è finito appeso ad un albero.

Ore 9 e 20, giovane coppia annoiata, non vede l’ora di scavarsi dalla minchia sto obbligo per dare inizio al week end ma arriva la telefonata di lavoro per lui e scoppia il finimondo.
Una telefonata a voce alta e concitata che fa uscire dai cardini anche le porte e dai gangheri me.
L’educazione non te l’hanno insegnata e l’uso sconsiderato dei cellulari non ha migliorato le cose, spero che non arrivi alla franchigia di rimborso delle spese mediche così non recuperi un centesimo sul 730, tanto per la coglionaggine non ci sono medicine ne medici.

Ore 9 e 30, arriva la signora anziana ma non troppo, di  quelle che ti levano la pelle di dosso con le unghie limate a punta stile ‘artiglio’ laccate con lo smalto rosso.
Si siede di fianco a me e dopo un minuto trentasei secondi e due decimi mi chiede:” Ma dentro c’è qualcuno?”
“Sì signora c’è qualcuno dentro”
“E’ che è perché non si muovono”
Ma se sei appena arrivata cosa ne sai te che non si muovono?
Dopo altri due minuti si alza, si avvia verso la porta di entrata degli uffici  dove ci sono gli impiegati, guarda dentro ma non vede nulla, sono fatti in maniera che da fuori si veda solo la scrivania della persona che chiama i nomi e da informazioni.
Torna al posto e sbuffa.
Un minuto di silenzio, come se stesse commemorando qualcuno prima di una partita di calcio e si gira verso la persona dalla parte opposta di dove sono io e chiede:
 “ Ma dentro c’è qualcuno?”
Hai visto uscire qualcuno in questi sei minuti? No, e allora cosa scassi il cartone del latte!
Alla risposta positiva del tale, sbuffa come un mantice e ricomincia a camminare.
Si ferma davanti all’espositore dei volantini della casa vacanze convenzionata con il comune come se fosse interessata a quello che c’è scritto sopra.
Non so a quanti interessi quel volantino, ma in 8 anni che vengo qui, quasi tuttI sono andati a leggerlo, riempie il tempo ma soprattutto è vicino all’entrata degli uffici, ti metti li nella speranza che non so per quale miracolo, chiamino te al posto di quelli che stanno aspettando da mezz’ora prima.
Da quella porta non esce nessuno, quando entri lì ti mangiano, non esci più, poi loro stanno immobili dietro a dei paravento in silenzio così tu che aspetti il tuo turno pensi che dentro non ci sia nessuno e anche se lo chiedi la risposta sarà sempre un SI, perché non vedendo nessuno uscire per logica vuol dire che è dentro.
La tale torna a sedersi di fianco a me e sbuffa di nuovo, poi si gira dalla mia parte ed esclama:
“Ma quanto ci mettono?”

SIGNORA MIA, SONO OTTO MINUTI CHE E’ ARRIVATA E NON SI E’ ANCORA DATA PACE, LE HANNO DATO L’ORARIO PER L’APPUNTAMENTO E AL SUO MANCA ANCORA UN PO’, IO SONO PRIMA DI LEI E NON SONO ANCORA ENTRATA, QUELLI DENTRO CI METTONO IL TEMPO CHE OCCORRE E IO CI METTERO’ IL MIO  E USCIRO’ MOLTO PIU’ LENTAMENTE DEL SOLITO COSICCHE’ LEI POSSA ENTRARE ANCORA PIU’ TARDI, TANTO NON DEVE TIMBRARE IL CARTELLINO MA MI HA TIMBRATO LA MINCHIA IN LUNGO E IN LARGO  A SUFFICIENZA, LA SMETTA DI SBUFFARE PERCHE’ NON SONO BARCHE A VELA E ANCHE SE SOFFIA COME EOLO NON VANNO PIU’ VELOCI.

 

 

I 'BARBA' DE MILAN


E’ un po’ di tempo che faccio questo tragitto per andare al lavoro alla mattina, sia a piedi che con l’autobus e vedo tanti signori senza fissa dimora che sostano un po’ ovunque.

Sotto i portici di Piazza San Babila se ne trovato tanti, qualcuno con il cagnolino, qualcuno solo, altri con un sacco a pelo dormono come riescono e a volte si svegliano perché una persona gentile ha portato loro la colazione, c’è un ragazzo insistente che sbarra il passaggio su una scala di uscita della metropolitana con una tiritera irritante, tutti i giorni inarrestabile, ti fa sognare i remi di legno messi di piatto, c’è l’immancabile zingara mezza morta accasciata contro un muro con una foto sbiadita della famiglia, ma non si sa famiglia di chi e c’è un signore senza età con stampato sul viso un’espressione da ‘poverino’ perenne.

Poi c’è un uomo con un cagnolino simpaticissimo che si fa accarezzare e vuole le coccole,  ha disegnata in faccia la rassegnazione ma sorride sempre se gli rivolgi la parola o anche solo un saluto, non chiede niente, ha un bicchiere di cartone della coca cola un po’ consunto, una valigia con dentro il suo mondo sulla quale si siede, una copertina dove si accuccia in canino e ringrazia sempre  se gli regali il soldino.

Indossa un cappellino dell’Inter e credo che sia quello il motivo per cui si trovi sotto ai portici col cane, se cambia il cappellino secondo me la fortuna comincia a girare dalla parte giusta.

Poi c’è un tale in via Borgogna, è sempre lì all’angolo dove c’è il semaforo, a volte seduto su una sedia blu con le rotelle, quelle da ufficio, a volte passeggia sul marciapiede ed è vestito in modo più che decoroso.

Il suo mondo è: un materasso a molle che tutte le mattine piega e avvolge un pesante sacco di plastica, tre sacchi avvolti in un altro sacco di cellophane, caricati e legati su una bicicletta e tre valige, anch’esse avvolte di pesante plastica trasparente, legate tra di loro e a loro volta legate ad una ruota della bicicletta che è legata ad un palo della luce con una pesante catena.

Fa pensare tanto il fatto di trovarlo lì in strada a quel modo, sembra un ‘senza tetto' abbiente, se lo scoprono gli tassano il materasso.

Stamattina la 54 si è fermata al semaforo rosso che è proprio dove c’è questo signore.

Nella manciata di secondi che dura il semaforo vedo avvicinarsi al tipo, che oggi è seduto sul davanzalino di una finestra a livello strada di un negozio semi interrato, un signore distinto, intorno alla sessantina, con capelli bianchi, occhiali da sole, vestito grigio fumo di Londra in fresco di lana e camicia bianca senza cravatta.

Si siede sul davanzalino assieme al tipo e parlottano un po’, poi il ‘barba’ tira fuori l’accendino e lo porge al distinto signore che si accende una sigaretta, ancora due parole e poi il signore prosegue la sua strada verso Piazza San Babila, il ‘barba’ lo saluta e si accende la sigaretta ricevuta in cambio dell’accendino.

Ho avuto la certezza che questa cosa non fosse la prima volta che capitasse, sedersi di fianco ad un senza tetto non lo fanno in tanti, non lo faccio nemmeno io che il ‘mio’ lo conosco da quattro anni, lo saluto tutti i giorni, ci parlo, so del suo bambino di 5 anni, della sua famiglia in Senegal e del suo diabete.

 

 

LA CLASSE NON E' ACQUA


A volte, quando sono in anticipo sulla tabella di marcia, prima di andare al lavoro mi concedo la colazione al bar.

E’ un bar piccolino, gestito da persone simpatiche, il marito un po’ meno perché è sempre attaccato al telefono con i giochini del menga e fa i cappuccini a tredicimila gradi Fahrenheit , lei invece è sempre carina e sorridente, anche quando cazzia il marito nella loro lingua di origine, si capisce che lo sta cazziando perché cambia espressione della faccia, sembra un cartone animato Manga, io esco sempre un attimo prima che lanci i componenti da dietro al bancone.

Stamattina son uscita di casa un bel po’ prima perché Roberto ha acceso la moto alle 7.20 invece che alle 7.30 come dovrebbe e così ho fatto colazione al bar.

Il bar è praticamente vuoto, ci siamo io e un signore sulla settantina , io prendo il solito cappuccino con la brioche alla marmellata di albicocche e mi metto a leggere i titoli dei giornali appoggiati sul tavolino, il signore attempato sta già bevendo un cappuccino.

Avrà una settantina di anni, indossa un vestito scuro con una camicia bianca e porta degli occhiali da vista fotocromatici con lenti spesse.

Deve essere in pensione ma veste come se dovesse andare al lavoro, sarà stato un capoccia di qualcosa e adesso per riempire il tempo e stare fuori dai maroni alla moglie,  farà il consulente di qualche cosa da qualche parte.

Mentre sorseggia il suo cappuccino, passeggia su e giù per il piccolo bar e si sofferma più volte davanti alla vetrina delle brioches, le guarda come se le stesse contando e poi torna indietro.

Fa la stessa cosa per due/tre volte fino a che finisce il suo cappuccino,  poi appoggia la tazza vuota sul bancone e paga la consumazione.

Prima di uscire prende un tovagliolino dal dispenser, quei meravigliosi tovagliolini rigidi come fette di legno che non asciugano niente che se presi bene di spigolo fanno anche male.

Lo piega in quattro come la pizza che si mangia a Napoli camminando, si ferma davanti alla vetrina dei succhi di frutta, che è più spessa di quella delle brioches, si mette nella posizione dove l’immagine viene riflessa meglio e con l’angolo più duro del tovagliolino piegato, comincia a pulire gli spazi interdentali davanti  della dentiera.

La classe non è acqua, sono briciole di brioche impastate tra i denti.

 

 

mercoledì 20 maggio 2015

QUANDO SI STARNUTISCE, SEMPRE LA MANO DAVANTI ALLA BOCCA.

Ci sono delle volte in cui vorrei non avere la capacità di osservazione che ho.
Oggi è una di quelle volte.
 Il viaggio in metrò è di per sé un'impresa, il ritorno di oggi è una sfida a trattenere l'anima dentro. la carrozza non è affollata e c'è accesa l aria condizionata.
 Un ragazzino tutto intento a giocare sul suo smartphone cerca di trattenere un starnuto fino al limite dell'impossibile ma alla fine, un tubo sotto pressione, cede.
Rapido come una saetta, mette la mano davanti alla bocca ma il naso lo tradisce, riempiendola di orgoglio.
Parte l'affannosa ricerca del fazzoletto perduto con la mano libera, cercando di non strapparsi gli auricolari dalle orecchie, di non far cadere il telefono e il prodotto interno lordo depositato sull'altra. Finita la performance di giocoleria e trovato il fazzoletto, con sollievo di tutti gli astanti, mette fine a questa tragedia rapidamente pensando di non essere stato visto e scende a quella che si presume essere la sua fermata.
L'aria condizionata è bastarda e oggi si accanisce.
Di fronte a me c'è un giovane indiano che chatta molto concentrato.
La cosa prosegue per due/tre fermate, dopodiché, con un sobbalzo improvviso sul sedile, emette un boato sordo, sibilante e frenato stringendosi il naso tra l'indice e il pollice della mano che non tiene il telefono.
Una, due, tre volte. Si guarda la mano e rimane con il palmo semi aperto continuando a scrivere con la punta dell'indice, si guarda in giro, riguarda la mano, si asciuga il naso col dorso della stessa mano, che pare colpita da artrite fulminante.
Cerca un modo per sistemare la e mano ma si capisce che non ha il fazzoletto.
Ad una fermata prima del capolinea si alza, guarda a destra e sinistra, muove una gamba per far scendere il pantalone rimasto incastrato al polpaccio, ma gli indiani non hanno polpacci tali da far incastrare i pantaloni, poi con un movimento impercettibile della mano finge di togliersi le mutande dalle natiche, e si asciuga la mano a palmo aperto sui pantaloni.
Si attacca all'apposito sostegno in attesa che il metrò si fermi e conclude il suo viaggio. 
Quando l'eleganza viene fuori da dentro si vede, non ce n'è, non la puoi fermare.


giovedì 14 maggio 2015

LA FINE DEL MONDO

Dove prendo io la metropolitana alla mattina è il capolinea dei capolinea.
Lì si fermano una decina di autobus e spesso due o tre nello stesso momento.
C' è anche la stazione del treno e un treno incrocia sempre almeno un pullman.
Da qui si evince che il flusso migratorio umano e di un certo calibro.
L'entrata della metropolitana dalla parte dei capolinea è una sola e quindi si congestiona molto.
Una nota marca di adepti religiosi piazza sempre un espositore di plastica trasparente con le proprie pubblicazioni, in mezzo al percorso obbligato della folla di punta.
Questo costringe a:
- gimcane strette per evitarlo e non urtare il salmone di fianco che spinneggia in debito di ossigeno per arrivare prima al tornello, sperando che sia il giorno in cui consegnano la medaglia d'oro.
- salti carpiati indietro improvvisi, perché rintronati ancora dal sonno, lo si vede all'ultimo minuto, costringendo la marmotta dietro di noi ad inchiodare senza avere lo spazio/tempo di mettere le quattro frecce.
- a recitare litanie di santi e madonne, tanto loro la Madonna non la riconoscono come tale, e non gliene frega niente che venga tirata in causa tutti i giorni per colpa loro, ma moriranno all'inferno tra atroci sofferenze per procurato allarme.
Quale razza di dono divino è toccato a queste volpi del deserto della fede che suonano al citofono alla domenica mattina, ti marcano a uomo come Gentile su Maradona nei Mondiali dell'82, appena ti vedono girare un angolo per strada e piazzano un espositore di riviste, in mezzo al passaggio nell'ora di punta, con scritto se credi alla fine del mondo??
La fine del mondo la state creando voi stando in mezzo agli zebedei con le domande filosofiche a cui nessuno ha voglia di dare risposte mentre va al lavoro, ma nemmeno quando torna.
Possibile che non ci arriviate con quella testa a compartimenti stagni?
Non voglio ledere la vostra libertà di culto ma un 'cicinin' più di acume non è chiedere troppo.
Mettetevi in un punto dove voi possiate essere visti ed eventualmente evitati, dove, nel caso la situazione sia meno concitata, possiate provare a proporre la vostra merce, e dove la fine del mondo, qualora dovesse capitare tra le 8 e le 9 e 30 del mattino, prenda in pieno solo voi e non tutto il resto del pecorame in transumanza.
Però mi sentirei di dare un consiglio spassionato: la fine del mondo lasciatela a Ligabue, che è un po' più allegra e soprattutto non in mezzo alle balle.




sabato 9 maggio 2015

GIURO CHE CE L'HO!!

Stazione di San Babila, tutti in fila più o meno ordinati, aspettiamo il nostro turno x vidimare il biglietto all'entrata dei tornelli del metrò.
Nella 'corsia preferenziale' destinata alle persone disabili, si presenta tutta trafelata una giovane donna con la fretta che morde l elastico delle mutande. L'addetto al mezzanino le si para davanti e lei con gli occhioni di Bambi, incomincia a cinguettare muovendo le mani all altezza del volto come se stesse salutando qualcuno: "Mi sono dimenticata l'abbonamento a casa, devo per forza prendere il metrò, ma glielo giuro, l'abbonamento ce l'ho, giuro ce l'ho ce l'ho!!"
Guardo la giovane donna e noto la sua figura alta e snella, un metro di gambe coperte da morbidi pantaloni blu, capelli lunghi rossi con gli occhi verdi e il viso spruzzato di leggere efelidi. un bell' apparire.
Il tale del metrò rimane impassibile ma muove impercettibilmente la testa invitando la donna a passare.
Tenendo conto che sui mezzi ormai viaggiano gratis variegati soggetti di ogni tipo, non mi ha dato assolutamente fastidio che fosse passata una persona che apertamente aveva palesato di non avere il titolo di viaggio..
Ma se le giuro anch'io che l abbonamento ce l'ho, ce l'ho, ce l'ho, ho gli occhi grigi, i capelli con i riflessi mogano, le gambe di un mediano e ho il giro vita di una botticella di aceto balsamico, fa passare anche me?

venerdì 8 maggio 2015

CASCASSE IL MONDO

Venerdì mattina, autobus semi vuoto, ottima cassa armonica.
Una donna in carriera, sulla corriera, di  circa cinquant'anni, impartisce ordini al cellulare con un tono di voce un po' troppo alto.
-"Non riesci a loggare sul sito di X@@@, cazzo, ha controllato che il pc è in rete? Che se non è in rete sono cazzi...chiama i tecnici...oggi è fondamentale che si riesce a finire quella cosa sennò lunedì chi la sente Giulia....ma nooooo, incredibile che ritardo solo 5 minuti e ci sono tutti sti problemi!"
E' incredibile anche quanti verbi riesci a sbagliare in tre minuti di conversazione.
Mentre parla cammina nervosa sull'autobus e gesticola ampiamente agganciando il filo degli auricolari strappandoselo dall'orecchio.
Ogni volta che l'auricolare scatta fuori dall'orecchio, in automatico parte l'impropero.
-"Allora, sei riuscita ad entrare?? Era ora, guarda se ci vuole così tanto per una cazzata...comunque, finito questo, l'urgenza è quel progetto di Mxxx@@@, che possiamo fare con tutta calma, ma con un certa celerità perché mi scoccia che mi sollecitano cose che in realtà non hanno nessuna urgenza.
Pianifichiamo il da farsi entro un tempo limite, in maniera che nel momento in cui occorre, siamo tutti pronti"
Il concetto di calma e urgenza appare poco chiaro all'orizzonte, esattamente come i congiuntivi.
Mentre immagino che la manager stia ascoltando quello che le viene detto dall'altra parte del telefono, noto che il suo viso si contrae in modo spasmodico in almeno tre tic nervosi diversi.
Che fatica deve essere arrivare a sera con la muscolatura così provata, ne so qualcosa perché a sette anni ero massacrata da quattro tic nervosi in tutto il corpo, era un lavoro a tempo pieno.
Per un attimo cala il silenzio e la pace sull'autobus poi di colpo di nuovo quella voce tonante che chiude la conversazione dicendo:
-" Non se ne parla nemmeno! Oggi dalle 11 alle 12 e 30 spengo il telefono e cascasse il mondo, io non ci sono, per nessuno....no, non sono in riunione, sono dall'estetista!!"
Più che di un'estetista avrebbe bisogno di un miracolo globale su tutti i fronti, in maniera che si possa optare alla risoluzione dei problemi da ogni angolazione, con tutta calma e la massima urgenza....,io opterei per Lourdes.

lunedì 4 maggio 2015

IN PRINCIPIO ERA IL ROTOLO

Sono interessanti le promozioni risparmiose che si trovano in tanti negozi, ma una che mi colpisce particolarmente è quella della carta igienica. All'inizio era il 'pacco famiglia' con 24/36/48/57 rotoli, voluminoso e ingombrante. Vederlo parcheggiato nei carrelli, sollevava battute di ogni tipo. Poi è arrivato lo stesso paccone, ma per ridurre l ingombro, un genio della fisica ha deciso di schiacciare il cilindro di cartone nel mezzo. Il pacco si appiattiva un po' ma il movimento ellittico del rotolo rendeva disarmonico e impreciso lo strappo, che andava ripetuto più volte, vanificando il presunto risparmio.
Adesso vanno tanto di moda i mega rotoloni con 20.000 strappi di morbidezza. Compatti e più grossi della media, per i primi 500/600 strappi, faticano a girare sul cilindro del porta carta, fanno attrito contro il muro, oppongono resistenza e si strappano da soli in una quantità non sufficiente alla bisogna, costringono all'operazione almeno due volte, con conseguente spreco. Quando il rotolone comincia a girare da solo e l attenzione non è più attratta dal cercare di non rompere la carta prima della quantità utile, ci si accorge che il mega rotolone è composto da carta a due veli. Qua bisognerebbe aprire una parentesi x spiegare che i veli ideali per l uso, dovrebbero essere tre, me lo ha insegnato il mio ex marito, leggere sempre sulla confezione prima dell'acquisto. Il rotolone a due veli costringe a strappare più carta di quella che servirebbe perché la sottigliezza dei due veli è come il pieno di un vecchio motorino, se non ti ricordi quando sei passato dal benzinaio l ultima volta, ti lascia a piedi. A questo punto mi chiedo: "dove sta il risparmio, se per essere sicuri di non essere piantati in asso come da un deodorante scadente in una serata importante, ci si deve ingessare una mano con numerosi giri di carta, come se ci si fosse rotti lo scafoide, il semilunato e il polso tutti insieme?"


venerdì 1 maggio 2015

NON DEVE ESSERE FACILE ESSERE CINESI

Oggi mentre sceglievo delle cornici viola per mettere qualcosa di nuovo in camera da letto, non riuscivo a far finta di niente. Da qualche tempo quando vado a prendere le cornici colorate dai cinesi, trovo un ragazzo del negozio seduto nella corsia che si riposa. È la corsia più nascosta e probabilmente senza telecamere. Oggi era seduto composto, in un angolo, con la testa bassa. Non riuscivo a far finta che non ci fosse e fino a che non lo hanno chiamato, non sono riuscita a... fare niente. Come se sentissi i suoi pensieri che facevano rumore. Per quanto mi facciano venire i nervi con la loro ottusaggine, penso che trovarsi in un paese straniero dove non si integrano nemmeno a scarpate, non sia una bella vita. Non credo che il loro essere scivolosi sia dovuto tutto al loro modo di essere, o meglio, è dovuto al loro modo di essere, sono così perché non conosco altro modo di essere. A casa loro se non sono così, si trovano in ginocchio dentro ad un furgoncino bianco e ne escono tirati dai piedi. Si ammazzano di lavoro e mangiano riso e cane. Qui non c'è il furgoncino bianco ma cambia poco. Non deve essere facile essere cinese e nemmeno dimenticarsi di esserlo

lunedì 27 aprile 2015

AGLIO CCHI PUÒ TRAR D'INGANNO

Semaforo verde, l'autobus ha già chiuso le porte e dovrebbe ripartire ma non si muove. Dall altra parte della strada sta zampettando una ragazza graziosa, con i jeans bianchi tagliati più parti all altezza delle cosce, un giubbino di pelle nera e un paio di decoltè nere a punta con tacco 12 a stiletto. Con un abbozzo di sorriso alza timida una mano verso l autista che senza dire beh apre le porte e la fa salire. Se fosse stata chiunque altra non solo non avrebbe aperto, avrebbe avuto anche da dire cose poco carine se la persona avesse insistito. Sarebbero partiti anche improperi, succede ogni volta. Oggi, con questa visione celestiale, il copione è cambiato. La ragazza sale facendo oscillare i suoi lunghi capelli biondi liscissimi, che nemmeno madame Sunsilk con il suo brevetto liscio perfetto avrebbe saputo fare di meglio. Il viso levigato da un ottimo fondotinta frattazzato alla perfezione, da far invidia ad un muratore bergamasco. Attaccandosi al sostegno, sorride e cinguetta un "grazie" all' autista. Nello stesso momento, dalla bocca truccata perfettamente con un rossetto rosso, sicuramente di marca costosa, esce una tanfata di aglio densa, da far paura ai campi di aglio di .......e che se avesse avuto un colore sarebbe stata gialla virante al verde, come le radiazioni che hanno trasformato Ben Grimm ne 'La Cosa' dei Fantastici 4. Sento quel vento radioattivo spingermi indietro con violenza, capelli, rughe e orecchie. È un frontale con un muro di energia invisibile, ha la stessa potenza che ha sviluppato l Apollo 13 alla partenza sulla rampa di lancio della NASA. Grimilde, per Diana, chiudi quella bocca che domani vorrei risvegliarmi ancora io, sicuramente meno bella di te, ma con l alito di colluttorio alla mela verde.

IL RISO NON SEMPRE ABBONDA SULLA BOCCA DEGLI STOLTI

Ci sono cinesi e cinesi, italiani e italiani.
Io non sopporto i primi e faccio fatica a mandare giù anche qualcuno degli altri.
In questo negozio di cinesi dove sono passata qualche giorno fa ci vado raramente, ti stanno addosso tutto il tempo come le zecche e sono più asfissianti di un sacchetto di platica incollato alla faccia.
Questa volta mi è andata bene, c'erano una coppia di signori anziani che tenevano banco con la signora e il marito era impegnato a mettere a posto delle scatole,  così io ho potuto girare indisturbata.
Il negozio però è piccolissimo e la solita nenia mortale me la sono dovuta sorbire lo stesso mentre opprimevano la coppia di anziani:
- Cosa celchi? Sta gualdando? Compla maglia , pela comoda, pel te va bene, celchi manica lunga? Manica colta? Pelo colore, plezzo buono, che colole celchi, no ti piace, io celca altlo.
Credo che abbiamo comprato un cd con registrate queste frasi che memorizzano di notte e ripetono di giorno, senza pausa, senza virgole e con la stessa inflessione cantilenante come il cigolio di un'altalena vecchia mossa dal vento.
Probabilmente i due cinesi, sono anche abituati alle solite risposte vaghe delle persone che si infastidiscono ad averli addosso e non ci fanno più nemmeno caso, proseguono nel lamento ancestrale.
Credo che abbiamo un sensore all'altezza delle gambe, appena gli passi davanti partono le giaculatorie in automatico, anche se fai le finte con una mano, se percepiscono lo spostamento dell'aria è finita.
Questa coppia di anziani però credo sia riuscita a spiazzare loro.
La moglie della coppia anziana e la moglie del cinese, alla cassa intavolano un dialogo apparentemente normale:
La signora anziana chiede alla signora cinese:
-"E' tanto che siete in Italia?"
-"Olmai sono quindici ani"
-" Ma avete bambini?"
-"No bambini, glandi, uno ventidue e uno ventisette ani"
E porelli, con tutti quei buchi...chissà che spesa di carta igienica....
-"Ma nooooo..siete così giovani e avete dei figli così grandi..."
-No tanto giovani.noi tanti ani."
Eh beh, in famiglia ci si assomiglia.
Ridacchia la signora cinese, non perché contenta del complimento, ma perché ride sempre, forse perché mangia sempre riso, il riso fa buon sangue e buon sangue non mente.
La signora anziana incalza:
-"Maschio o femmina?"
-"Due maschio, ma plefelivo femmine, femmine è melio"
-Nooooo, noooo meglio maschi...sa le femmine fanno guai...le devi stare attente che se ti distrai ti portano il guaio a casa, io ho due maschi, sono stata fortunata...
Eh signora mia, è vero che le femmine portano i guai a casa, se sono come lei, con la sua mentalità.
Lei di guai ne ha portati a casa due e sono proprio le mamme come lei che mettono al mondo maschi senza midollo che renderanno la vita una merda a femmine che avranno la sfortuna di attraversare la loro vita e speriamo che le mamme di queste femmine non si distraggano troppo che se portano a casa un guaio generato dai maschi che ha messo al mondo lei, non ci salviamo più e non basta un altro diluvio Universale a liberarci.
Io pensavo che nel 2015 questi discorsi li avrei potuti sentire da culture diverse dalla mia e invece l'ignoranza ce l'ho ancora sullo zerbino di casa.

martedì 21 aprile 2015

UNES PAUSA SEMPRE SPECIALE

Pausa pranzo, stesso supermercato, solito elemento.
Cerco tra gli scaffali le fette biscottate e non le trovo.
Dopo otto mesi che entro qua dentro, ancora non ho capito la logica della sistemazione degli scaffali.
Sono riuscita a capire la logica dei cinesi ma non di questi autoctoni.
Passo la zona pane, crackers, prima colazione, ma niente, nessuna traccia.
Annaspo tra biscotti e filetti di sgombro, ripercorro la corsia per la terza volta e poi le trovo, sono vicino al cioccolato alle pappe dei bambini.
Nel mio pellegrinare all'interno di questo luna park, sento la conversazione surreale tra il salumiere e un cliente.
-"Ma questo cotto in offerta è buono?"
-"Basfr gurnnf llhehhm"
-"Me lo consiglia'"
-" Ghfbbd ggiih mmliihjd"
-"Mah, sa, sono un po' indeciso..."
Il salumiere tace.
Ti ha aiutato molto.
Non è straniero, è italianissimo ma non si capiva una mazza di quello che stava rispondendo al cliente.
Non so se per un difetto di pronuncia, un difetto di coordinamento mentale o un difetto del prosciutto in offerta.
Arrivo alla cassa e depongo quello che ho comprato sul nastro trasportatore.
Tutto bene fino alla fine e poi arriva la domanda strana.
Non sono mai pronta a cosa potrà uscire da quelle meningi e me la gioco al momento, un po' come una scommessa ai cavalli.
-"Ma dove lavorate potete anche cucinare?"
-"No, non possiamo fare da mangiare, ma abbiamo un forno a microonde dove poter riscaldare le cose"
-"Ma allora adesso vai a casa a mangiare'"
-"Ma come faccio ad andare a mangiare a casa che abito ad un'ora da qui?"
-"E che ne so io, e allora gli gnocchi che li hai comprati a fa?"
Mi si impietrisce l'amigdala, non provo nessuna emozione per una manciata di secondi.
Tutto sto cinema di ragionamento perché ho comperato gli gnocchi.
Gli gnocchi? Li uso al posto dei sassi con la fionda per abbattere i piccioni sui cornicioni.
-"Li porto a casa e li mangio stasera"
-"Ah beh, ma il frigorifero lo avete"
-"Si certo, quello ce l'abbiamo"
-" E meno male".
E già, meno male, non faccio la settimana bianca, non vado in vacanza dal mercoledì, non posso cucinare, almeno il frigorifero ce l'ho.
Intanto ho messo la spesa nella borsa, lo saluto, mi avvio verso l'uscita e mi fermo prima che si aprano le porte.
Aspetto l'ultima domanda, quella che chiude il sipario, ma tarda ad arrivare.
Poi da dietro sento la sua voce che arriva puntuale e mi rilasso, deglutisco, la paura passa e il cuore torna a battere.
-"Hai dimenticato qualcosa?'
Resto immobile in silenzio, ma mi parte un embolo nella vena diploica e mi sento sgangherare dentro come Jim Carrey quando si trasforma in "The mask"
Io ho dimenticato qualcosa?
No, io non ho dimenticato niente, tu hai dimenticato l'ultima cazzata prima dell'uscita.
Quella frase che è diventata un po' come le 20.000 lire del Monopoli passando dal via, ma oggi, nel mazzo delle probabilità mi è uscita la carta "USCITE GRATIS DI PRIGIONE SE CI SIETE"

domenica 19 aprile 2015

LE PAROLE HANNO UN PESO, COME CERTE DECISIONI

Leggendo del bimbo abbandonato in strada, su uno di quei giornali gratuiti che danno in metrò. Gesto inqualificabile per cui non ci sono parole e pensieri sufficienti ad esprimere qualsiasi cosa. Invece di parole me ne vengono tante per esprimere quello che penso del/della giornalista che ha sottolineato che nella città di Sesto, nel 2013, otto mamme non hanno riconosciuto i loro bambini dopo la n...ascita, lasciandoli in adozione. Decidere di non riconoscere un figlio non deve essere una cosa facile. I motivi che portano a farlo sono mille e tutti non discutibili da chi non sia il diretto interessato ed è un diritto della donna che decide di farlo. Paragonare una donna che decide di non riconoscere il figlio, garantendogli comunque assistenza e una vita dignitosa altrove, non è paragonabile a chi abbandona un figlio sul ciglio della strada, al freddo, in un sacchetto di plastica. Giornalista idiota, impara a fare informazione corretta e non pettegolezzo da cortile. Già la gente fa schifo di suo, non metterci anche il carico quando giù c'è una briscola e non sei tu di mano.

venerdì 17 aprile 2015

ALTEZZA MEZZA BELLEZZA

Bella  lasaggezza popolare, ha sempre un fondamento e spesso si vede subito.
E' opinione comune che essere alti aiuti ad essere belli anche quando Madre Natura fa gli scherzi.
Camminare per Corso Buenos Aires è come camminare nelle favole, è un modo fantastico di vedere un parco elementi da far invidia alla Corte dei Miracoli, ma è bello proprio per quello.
C'è di tutto, potrei starci sei mesi seduta per raccontare qualcosa di tutti ma oggi, quello che mi ha colpito di più, è stata una ragazza altissima.
Passando davanti ad un notissimo panificio, sempre affollato per le meravigli gastronomiche che produce, mi colpiscono due gambe lunghissime che escono da lì.
Un paio di gambe non magre ma fatte proprio bene.
Avvolte in un collant nero, il mio preferito da sempre, ma non ho le gambe da mostra, non sono alta, e quindi non sono bella nemmeno a metà.
La parte superiore delle gambe finisce in un paio di short, neri anche loro, e la parte inferiore in un paio di stivaletti poco più lunghi della caviglia, di similpelle nera con le borchie.
Con la Salerno-Reggio Calabria al posto delle gambe, può permettersi tutti gli stivaletti tronca-gambe del mondo, tanto per quanto tronchino, la metà delle sue, sono comunque le gambe di una donna alta un metro e sessanta, di tutto rispetto.
Le gambe così vestite, sono accarezzate, ad ogni passo, da uno spolverino nero, lungo quasi alla caviglia, che svolazza leggero coprendo e scoprendo ste due colonne corinzie.
Salgo con lo sguardo e vedo una borsa nera con le frange, appoggiata ad una spalla, che completa questo look 'total black' come piace a me.
Ecco, se io fossi alta come lei, mi vestirei così, non rischierei di sembrare il sacchetto dell'indifferenziata.
Adesso però, voglio vedere il viso che c'è attaccato a questa Giunone uscita dal libro di epica.
Se tanto mi da tanto mi cade la mascella.
Proseguo con lo sguardo verso l'alto, passo la maglietta, ovviamente nera, che non ha particolari fronzoli da raccontare, non ha nemmeno dei fronzoli sotto che creano dislivelli tipicamente femminili.
Arrivo al viso, finalmente, devo piegare la testa indietro per riuscire a guardarla, è altissima, i capelli lunghi le sfiorano le spalle, morbidi, castani scuri con i riflessi cioccolato intensi.
Se Madre Natura si distrae, il vento suo figlio, a volte  sa quello che deve fare, con una folata improvvisa sposta i capelli davanti al viso della ragazza e.... due colpi di cazzuola rapidi e decisi, con il cemento a presa rapida, riescono a fermare nel tempo questi istanti che levano il fiato.
Altezza mezza bellezza, nel senso che ci si deve fermare a guardare le gambe, giusto la metà.

mercoledì 15 aprile 2015

L'ILLUMINAZIONE SULLA VIA DI DAMASCO


L’impianto elettrico della scala del mio palazzo ha problemi ormai da anni.
Le lampadine delle plafoniere si bruciano dopo due/tre giorni di utilizzo.
Ad ogni riunione di condominio si fa presente la cosa all’amministratore che ogni volta risponde allo stesso modo: “ proveremo a vedere ci sarà una massa".
Dici bene, a vedere, al buio non è che si veda molto.
Gli anni passano, le mamme invecchiano e le lampadine bruciano,
Qua all’ultimo piano pare che il problema sia più pesante che negli altri piani, spesso le lampadine bruciano in tutte e due le plafoniere e viviamo di luce riflessa, quella del piano di sotto.
Noi vicini di casa ci siamo rassegnati a riconoscerci dalla voce per salutarci, e devo dire che a me va di lusso perché i miei vicino sono tutti stranieri con accenti diversi e quindi al buio sono distinguibili molto bene.
Ogni volta che una lampadina si brucia, dovremmo avvisare il condomino addetto alla manutenzione, in modo che la possa sostituire.
I miei vicini non lo hanno mai fatto, si vede che avranno gli occhi come i gatti, solitamente sono io che avviso il tale, ma da un po’ di tempo mi sono rotta le scatole di suonargli alla porta ogni 15 giorni, ho paura che mi faccia tenere a Cresima la nipotina da tanto sono di casa ormai.
Non vedendomi da qualche tempo, quando mi incrocia, gentilmente mi chiede sempre: “ come va di sopra?”
Non è che gli interessi come stia io, la sua domanda si riferisce alle lampadine.
Ogni volta ho sempre una lampadina bruciata da dirgli, oggi ne avevo due.
-“Ma lei me lo deve dire, io non mi accorgo se si bruciano, abito al piano terra”
Lo dice tutte le volte.
-“Lei ha perfettamente ragione, ma non posso suonarle alla porta alla mattina alle sette per dirle che le lampadine sono bruciate, mi secca”
-“Ma no che non mi disturba, io vado al lavoro alle 5, c’è mia moglie”
E certo, non rompo le balle a te, tanto te sei già andato, che volpe del deserto.
-“Gliel’ho detto ancora all’amministratore che ce il pobblema”
-“Eh, e l’amministratore cosa le ha risposto? Niente come al solito immagino…”
-“Mi ha detto che se manda fuori l’elettricista dobbiamo pagare l’uscita”
Minchia che fulmine di guerra, ha avuto l’illuminazione sulla via di Damasco!
-“Eh, invece le lampadine gliele regalano?”
-“No, le paghiamo”
Mi risponde anche…
-“Nell’arco di un anno, con i soldi delle lampadine che si sono dovute comprare, l’elettricista lo possiamo chiamare almeno tre volte”
-“C’ha raggione”
E c’ho raggione sì, con la voce “ACQUISTO LAMPADINE LUCE SCALA”  stiamo accantonando la liquidazione di tutti i dipendenti della Philips.

martedì 14 aprile 2015

CIBO SANO E ARIA PULITA

La stagione è giusta, la temperatura lo consente e si predispongono i tavolini x i clienti all'aperto. Come sempre. Ma ci vuole un'intelligenza da ingegneri spaziali a concimare i vasi delle siepi che separano i tavoli dalla strada, con lo stallatico. Con l umido della terra bagnata e il caldo dei giorni di sole, vien su una bolla di puzza che nemmeno i meninos de rua nelle fogne del Brasile reggerebbero. Ma a chi è venuto in mente di mettere la merda di cavallo vicino ai tavoli dove si mangia?

IL JET LET

Due elementi in metrò a san Babila sono intenti a staccare gli adesivi sulle valige reduci dall'aeroporto. Ogni tanto si scambiano un paio di parole giusto per comunicarsi che sono ancora lì anche se stanno facendosi le etichette loro. Ad un certo punto uno dei due esordisce dicendo: "sono stordito.a devo avere la sindrome del jet let". SÌ, HAI LA SINDROME DEL VA' IN LET. BIGUL!

lunedì 13 aprile 2015

LE BELLE TRADZIONI DI UNA VOLTA

Pausa pranzo, bel sole, caldo, passo nel solito supermercato, ma faccio un blitz degno dei Nas, non mi vedi, non mi senti, pago e tu non hai il tempo di parlare.
Quando hai capito che sono stata sta lì è troppo tardi, sono già in ferie.
Esco la supermercatello contenta di non aver dovuto disquisire dell'assurdo con il balengo solito alla cassa.
Cammino tranquilla sul marciapiede e in lontananza vedo arrivare un signore marocchino con in braccio un grosso tappeto arrotolato.
Il tempo pare fermarsi di colpo.
Da quanti anni è che non si vede un marocchino con il tappeto?
IL MAROCCHINO per antonomasia, il 'vu cumprà' con il tappeto.
Era diventata una tradizione, seconda solo all'Amaretto di Saronno.
Una vita!
Adesso non sono più marocchini gli ambulanti, sono senegalesi con la bigiotteria, cingalesi con le rose, bengalesi con gli incensi, vattelapesca con le borse, ma di marocchini nemmeno l'ombra.
Sei un pezzo di antiquariato, a giudicare dal colore bianco dei capelli sarai in giro con quel tappeto, che non ti ha comprato nessuno,dal 1982.
Il viso cotto dal sole metropolitano, riflesso dall'asfalto in tutti questi anni.
Il tuo incedere lento mi lascia tutto il tempo di pensare a quando la parola 'marocchino' veniva detta con tutto il dispregio che ci si riusciva a mettere nell'intonazione della voce e nella corrugazione del volto.
Adesso si dice extra comunitario, tutto un fascio di erbe varie, che accomuna il destino di tutti gli stranieri che vagano per le città senza un dio, nemmeno quello di Facchinetti dei Pooh.
Penso a come potrebbe vendere un tappeto così grosso per strada, a quanta strada fatta con quel tappeto che non vola nemmeno per farlo riposare un po'.
Come ci campa con quel tappeto, perché gira con un tappeto addosso, adesso che fa anche caldino.
Un po' mi fa tenerezza, una vita passata sotto ad un tappeto e non sei nemmeno la polvere spinta sotto da un colf filippina.
Ora mi sei davanti, mi sembri persino un volto conosciuto, come se fossi davvero uno di quelli che giravano quando ero giovane.
Ti fermi davanti a me e mi dici: "Vuoi tappeto?"
A me? Ma cosa me ne faccio io di un tappeto?
Sono a piedi, mica posso salire sui mezzi con due metri di bazooka di lana sulle spalle.
Non mi piacciono nemmeno, non li sopporto e ci inciampo dentro sempre ogni volta che ne trovo uno davanti ai piedi.
Forse però, se lo prendessi, potrei girare io per la città cercando di venderlo dicendo: "tel voret cumprà giargiana??"
Ormai lo straniero a casa mia sono io.

NON CONFORME

Lunedì mattina sul metrò bello pieno, sale una marea di bambini vocianti in spedizione 'gita in Duomo'.
D'istinto viene da sbuffare, che rottura, fanno casino, io mi devo fare i pensieri miei che penso al mare, che stasera non sono di turno, che dopo il lavoro voglio andare al parco, dai cinesi, in giro per Milano, che non sto ancora bene e mi da fastidio lo stomaco, che voglio stare come sabato pomeriggio, che voglio... che voglio....che voglio....e poi mi metto ad ascoltare i discorsi dei bambini.
Come faccio a volte con gli adulti che fanno delle conversazioni surreali.
Ma i discorsi dei bambini sono diversi, non sono parole buttate lì per circostanza, noia o solo per riempire un silenzio che pesa.
Le parole dei bambini sanno essere lame potenti, tagliano, feriscono, fanno male, sciolgono il cuore, fanno tenerezza, fanno pensare.
Questi sul metrò di oggi sono bambini di prima/seconda media, credo, non più grandi di così.
Come da sempre, sono divisi in gruppi: i maschi, le femmine e i 'non conformi'.
I 'non conformi' sono quei bambini che grassi, goffi, timidi, con degli occhiali particolari che fanno la faccia da sveglione, quelli alti alti e magri allampanati, quelli che tartagliano, quelli non vestiti alla moda, quelli senza smartphone, quelli un po' trascurati, quelli indietro un quarto d'ora.
I 'non conformi', la mia categoria.
Il non conforme, per una sorta di legge di compensazione, spesso sta vicino ad una delle maestre o    professoresse, che tendono un po' a proteggerlo, un po' a spronarlo ad inserirsi e se trovi quella che non capisce niente, lo tratta anche un po' bruscamente.
Nella vagonata di oggi il 'non conforme' è un bambino magro, un po' più piccolo degli altri, indossa un cappellino di lana con un paio di buchi sul bordo ed è vestito con una tuta grigio chiaro tutta arricciata che racconta di cassetti di mobili in cui è stata riposta accartocciata, forse da una mamma troppo presa da altri bambini, lavoro, casa e marito, per riuscire a stare dietro a tutto.
Si regge al sostegno della carrozza con una mano, vicino ad una prof e all'esterno del gruppetto delle bambine, osserva e ascolta.
Ogni tanto azzarda una frase per inserirsi nel discorso ma nessuno lo sente e così torna ad ascoltare da fuori del recinto.
Ha un viso dolce, gli occhi marroni vispi e un sorriso bellissimo, sotto alla tuta si intuiscono le ossicine e le maniche della felpa, troppo lunghe per le sue braccia, nascondono le manine ossute.
Il gruppetto delle ragazze parla delle solite cose di ragazze, che poi cambiando un po' la traiettoria, diventeranno i discorsi dominanti da signorine e poi da donne: i maschi.
Ad un certo punto una di loro si gira verso il 'non conforme' e con un sguardo un po' 'cretino' gli dice: "Ma non hai caldo con quel cappellino?"
Tutte si girano verso di lui, reazione normale della mandria quando segue il gruppo.
Sul viso del bimbo si apre un sorriso fantastico e guardano la ragazzina che gli ha fatto la domanda risponde candidamente: "No no, non ho caldo, pensa che ci ho anche dormito stanotte con il cappellino".
Mi si è capovolto lo stomaco e il cuore mi si è stretto in una morsa.
Risposta sbagliata piccolo, guarda il viso di quelle ochette ora, un misto di raccapriccio e ilarità, come se tu fossi diventato più marziano di quanto fossi prima.
Andrà avanti ancora così per qualche anno, fino a che non imparerai a giocartela sulla simpatia o se crescendo non diventerai quello che mi auguro, bellissimo, e i presupposti ci sono tutti.
Ritorna nel suo silenzio, attaccato sostegno della carrozza.
Ho fatto caso che, ogni volta che la ragazzina della battuta infelice del cappellino, si gira verso il 'non conforme', lui si illumina e partono dei sorrisi dolcissimi, gli piace, ecco perché, a lui piace quell'ochetta insipida che lo snobba per fare la vampetta con le amiche.
Niente di che, una bambina normale, nemmeno tanto bella, ma appartenente a quella categoria fatta di carta vetrata.
Quelle persone che quando le incontri nella vita e ci strisci contro, ti lasciano certe grattate dentro e fuori, che le ricordi per sempre.
Le fermate del metrò si susseguono e io dovrei scendere alla prossima, Porta Venezia, perché sono un po' in ritardo, ma proseguo fino a San Babila perché voglio guardare ancora quel bimbo dolcissimo e la sua non prepotenza per cercare di entrare nel gruppo, mi ricorda tanto qualcuno, che dello strisciare contro la carta vetrata ci ha fatto uno stile di vita mio malgrado.
I discorsi volano dappertutto,
 'cosa andiamo a vedere?'
'ma prof lei ha figli?'
'ma dopo dobbiamo fare il tema?'
bla...bla...bla...
Io continuo ad osservare il bambino che resta in silenzio sempre in disparte e penso che se non si fa uno scudo grosso e potente come quello di Capitan America, ci resta sotto a questa vita dominata dalle carte vetrate.
Le ragazzine continuano a parlare tra loro e poi, improvvisamente, alla frase dell'ochetta " io il fidanzato lo voglio con gli occhi azzurri!" il non conforme, con un sorriso grande come il Duomo, risponde di botto:" allora me li dipingo!!"
Lei non lo caga nemmeno di striscio, non ha capito un cazzo della dolcezza di quella frase, è solo una carta vetrata, che con 50 centesimi la compri dai cinesi.
Il  sorriso del bambino si spegne mortificato, io scendo a San Babila perché se vado con loro in Duomo quella la prendo a calci.
Avrei voglia di abbracciarlo forte, di dirgli mille cose ma mi limito a pensarle, sperando che arrivino al suo cuore, i non conformi queste cose le possono sentire perché riescono a comunicare anche così.
Cerca di non farti  cambiare dagli stronzi, non diventare stronzo anche tu, resta dolce come sei ora, anche se non devi farti calpestare, non avere paura a far vedere la tua sensibilità, perché su centro stronzi che ti graffieranno con la carta vetrata ce ne sarà sicuramente almeno uno che saprà toccare quei graffi senza farti male, che capirà come sei veramente perché avrà passato le tue stesse cose, magari arriverà dopo tanto tempo, ma arriverà.
Tu sei speciale,  hai un dono che non hanno in tanti, non fartelo seppellire dai banali.
Non te lo posso dire ma i 'non conformi' non sono uno scarto, i 'non conformi' sono qualcosa di speciale, lo dovrai scoprire da solo, col tempo.
Noi sappiamo sentire quello che gli altri non vedono e quando ci incontriamo con un altro come noi, quei graffi spariscono, come per miracolo e quando capiterà lo sentirai senza bisogno di troppe parole.
Continua a sorridere come ora, facendo vedere i denti, un sorriso aperto e sincero,che quando lo fai sei dolcissimo, non smettere mai di essere dolce con le persone, che anche se fa male sbattere contro il tram, alla fine paga, perché sarai una persona bellissima, forte, con una luce speciale e troverai un'altra come te che ti vorrà per come sei, ti amerà con tutto il cuore, anche se avrà paura a dirtelo.
E resta con gli occhi marroni che sono gli occhi più belli.





sabato 11 aprile 2015

PILIPINOS

Io e la lingua filippina abbiamo dei grossi problemi, più io che lei. Quando sento parlare in quell idioma mi sale una furia senza spiegazioni. Mi irrita, picchierei chi la sta parlando. Non ne conosco il motivo ma non posso farci niente. Quando li sento parlare in italiano invece mi ribalto dal ridere. Nel loro alfabeto non hanno la lettera F, quindi non la sanno pronunciare. Cosa curiosa, visto ...il nome della nazione da cui provengono. Al posto della F, pronunciano la P. Parpalle, pinito, preddo, pinchè, e via a sto modo. Il momento più esilarante è stato, quando ordinando al ristorante un piatto di 'farfalle ai piselli', mi sono sentita rispondere da un cameriere filippino:"parpalle piselli piniti c'è patate al porno". Nella manciata di secondi tra il realizzare cosa mi aveva detto il cameriere e quello che avrei dovuto prendere in alternativa, nella mia testa c'è stata un festival di piselli, patate e parpalle da far invidia a Youporn. Mi ero giusto chiesta il motivo per cui un ristorante avesse pesanti tendoni scuri e le pareti rosse.

IL CINGHIALE

È mezz'ora che stai ruminando come un bue, c'è anche la stazza, e gnam gnam gnam...continui a fissarmi con la bocca aperta come se la strana fossi io che ho la bocca chiusa, non faccio rumore e non mastico nemmeno, e gnam gnam gnam...ti si è incastrato qualcosa tra i fanoni, provi a cercare di toglierla facendo ventosa con la lingua, e stuz stuz stuz...me pare che c hai na voliera in bocca. La situazione non è migliorata, hai infilato una mano in bocca e sto vedendo un unghia uscire dal culo, per me sei andato un po troppo il là.

QUESTO NON FA RIDERE

Leggendo del bimbo abbandonato in strada, su uno di quei giornali gratuiti che danno in metrò. Gesto inqualificabile per cui non ci sono parole e pensieri sufficienti ad esprimere qualsiasi cosa. Invece di parole me ne vengono tante per esprimere quello che penso del/della giornalista che ha sottolineato che nella città di Sesto, nel 2013, otto mamme non hanno riconosciuto i loro bambini dopo la n...ascita, lasciandoli in adozione. Decidere di non riconoscere un figlio non deve essere una cosa facile. I motivi che portano a farlo sono mille e tutti non discutibili da chi non sia il diretto interessato ed è un diritto della donna che decide di farlo. Paragonare una donna che decide di non riconoscere il figlio, garantendogli comunque assistenza e una vita dignitosa altrove, non è paragonabile a chi abbandona un figlio sul ciglio della strada, al freddo, in un sacchetto di plastica. Giornalista idiota, impara a fare informazione corretta e non pettegolezzo da cortile. Già la gente fa schifo di suo, non metterci anche il carico quando giù c'è una briscola e non sei tu di mano.

SELFIE DEL CERVELLO

stato.
14.47
I viaggi sui mezzi sono deleteri. Se iniziano con le vene distese, va tutto bene. Se si annoda la vena del corno d'Ammone, non c'è pace tra gli ulivi. Partono mille elucubrazioni mentali sul senso di ogni cosa, sulle mie capacità, su quello che ho fatto, che farò, che voglio fare, che non ho fatto, che non farò. Sul perché, il per come e il perché no. E la domanda che chiude sempre questo capolavoro di giocoleria mentale è:" Ma c'è qualcosa che so fare bene?"
Prossima fermata Porta Venezia, Porta Venezia, apertura porte a destra. Next stop....

venerdì 3 aprile 2015

IL PARADOSSO

Conversazione telefonica sul metrò tra mamma e figlia: "avevo trovato il volo x Caracas ma paradossalmente costava 2000 euro ad agosto e x me era troppo, allora ho chiamato Ciccio che paradossalmente viaggia x lavoro e ha un sacco di dritte sui voli low cost ma si era impegnato e lo devo richiamare, ma tu una settimana a malta riesci comunque paradossalmente a farla no?"
Ho come la sensazione che non sia chiaro il concetto di PARADOSSO

SCIROCCO

Telefonata in metrò.
«Pronto sono Scirocco, mi ha detto il papà che si è trasferito in Messico x lavoro, starà li x sei mesi e si trova bene. E mi dica come si trova? ma quanto starà via? É li lavoro? Volevo sentire come sta, papà mi ha detto che sta bene...»
 Scirocco di nome e di fatto, cosa ti ha fatto questa famiglia da scassare così tanto chiamando persino in Messico x sentire cose che ti ha già detto papà che sta a Milano?
Pensare che questo possa essere andato in Messico x scappare da te??
Me l ha detto il papà!

UN PENSIERO UN PO' SERIO

Che tenerezza questo antico signore che spesso incontro.
Un pò malandato nelle ossa, procede sgangherato che sembra di lì a cadere ad ogni passo.
Gli abiti appoggiati addosso scivolano dal lato dove pende la sua struttura fuori asse.
Porta un sacchetto della spesa con dentro poche cose, forse per via del peso, l'ombrello al braccio e con naturalezza recupera un quotidiano nel cestino della immondizia del metrò.
Lo fa ogni volta.
La giornata è finita, come il giornale, ma restare informati non finisce con il giro delle lancette dell'orologio, tanto domani i quotidiani diranno le stesse cose.
Legge interessato, annuisce desolato, sbadiglia, commenta ad altra voce e scoppia in una risata divertito.
Chissà che meraviglie contiene quella vecchia carta da macero.
Siamo arrivati al capolinea, ripiega con precisione il giornale, lo mette nel sacchetto e inizia a camminare.
 Mi piace continuare ad osservare la sua fatica ad avanzare ma con la serenità sul suo viso un pò rassegnato e un pò divertito.

IL PETROLIO A SESTO

Quello sul metrò seduto di fronte si è trapanato il naso x tre fermate, ha tirato un rutto epico che se ci fosse l eco domani mattina è ancora qua, ha mischiato le carte nelle mutande tanto che se esce il sette bello fa primiera. Ho paura del boato intestinale perché se tanto mi da tanto domani usciamo dalla crisi, a Sesto trovano il petrolio.

LAVORI IN CORSO

Che Milano possa essere considerata una jungla mi sta anche bene, che sia abitata da soggetti paragonabili ad esseri viventi selvaggi, lo constato ogni giorno in modo massiccio, che per sopravvivere in metrò bisognerebbe essere armati del femore usato dal gorilla in Odissea 2001 per abbattere un suo simile, lo desidero con ardore; ma sarebbe cosa buona e giusta che le scarpe si tenessero ai piedi omettendo di fare la cernita dei prodotti tra le dita.
Se avessi voluto sentire olezzo di piedi avrei indossato, a mò di pashmina, il calzino sudato di suor Adolfa, superiora del convento del Bergamone.

ANCORA PECORE

Capolinea di Sesto stazione, pullman pieno non aprono le porte, per la precisione ne aprono una sola ma nessuno scende.
Davanti all' unica porta tre controllori che la bloccano. Ci fanno passare uno ad uno con i documenti di viaggio in una mano, guardano la foto della tessera e con un movimento rapido degli occhi controllano che coincida con la testa avvitata sul collo di chi porge la mano.
"Vai,vai...veloce!"
 Esortano frettolosi e spazientiti.
 "Vai vai cosa?!"
Primo non mi puoi tenere chiusa qua dentro, assomiglia ad un sequestro, secondo ti rivolgi alle persone con educazione a prescindere che abbia i documenti in regola o no, terzo smettila di fare gesti con la mano come se stessi facendo sbarcare pecore da un Tir, perché se apro la bocca non belo. Quarto non mi costringere a ricordare a tutti che lavoro faceva tua madre prima di ritirarsi e crescere un coglione come te.
Ho sotterrato l' ascia di guerra, non ho ucciso il guerriero.
Sono le otto di mattina e non ho voglia di arrabbiarmi, è passato uno con quel profumo e nelle cuffie dell' mp3 sono partiti gli Alphaville.
La testa se ne va altrove e i piedi in metrò.
Devo ricordarmi di prendere le sigarette per i profughi.

L'UOMO RAGNO

In Italia si guida a destra, quindi tutto fa presumere che anche il flusso dei pedoni che camminano come armenti colpiti da aneurisma cerebrale, in metrò seguano lo stesso principio.
 Detto questo, mi spieghi perché, grandissimo illuminato sulla via per il passante ferroviario, cerchi di passare tra me e il muro venendo nella direzione contraria alla mia?
O sei scemo oppure sei l Uomo Ragno, in tal caso fammi vedere sotto cos' hai al posto delle mutande, perché "a te ti" ha morsicato lo scemo del villaggio, non un ragno radioattivo.

LA TESTA NEL SACCO

Io non sono normale e questo ormai è di dominio pubblico.
Ma la signora sul metrò di fianco a me (dalla parte opposta del cinese) con la testa dentro al sacchetto della Pam, tipo mangiatoia del bue a Natale, che mangia con le mani l arrosto appena uscito dal forno, mi mancava.
Ha saturato la carrozza del metrò con un intenso odore di cucina industriale che con l aria condizionata a palla si è solidificato, e si appoggia addosso come gelatina di fondo bruno.
Quando si dice andare in giro con la testa nel sacco....

SCIOPERO DEGLI AUTOBUS

Sul metrò un signore mi chiede se siamo alla stazione Primo Maggio e se ci sono pullman x Monza, gli indico dove ritrovano gli autobus il numero che deve prendere.
Mi chiede quanto ci impiega ad arrivare a Monza centro, rispondo che dipende dal traffico ma non più di mezz' ora.
La sua risposta è: "azz....ma ci stanno i tassì?"
-"Certo che ci stanno" 
-"ma costeranno un occhio della testa.."
 - eh, anche due con uno pseudo sciopero in atto
-."Ma che ci sta lo sciopero oggi? Ma il metrò cammina e com'è.."
 -"Ha i piedi che non aderiscono alla sigla sindacale che ha indetto lo sciopero"
- "Ma dove stanno i busss?"
 -"Prenda questa scala mobile, esca a sinistra, prende la scala mobile che trova sulla sinistra ed esce proprio davanti agli autobus"
- "ah, grazie, è stata gentilissima"
-"Prego s immagini..."
Il tale si incammina, scende dalla prima scala mobile e gira a destra, si infila nel sottopasso della stazione e va dalla parte opposta dei binari e degli autobus x Monza.
 Forse per Monza centro ci vorrà più di mezz'ora.

THE WALL

Stamattina sul metrò sale un bambino di circa dieci anni, con la divisa di una scuola: maglione blu e calzoncini corti dello stesso colore.
Presa a sistemare il volume del mio mp3, con la coda dell' occhio vedo questo bambino che sale facendo il passo dell' oca, alzo la testa per guardare sto scemetto, nello stesso istante si girano verso di me tre gemelle identiche vestite uguali.
Dov'è il tritacarne?
Is there anybody inthere....inquietante manciata di minuti surreali.

E' ABITUATO A CADERE

Che viaggio di ritorno inquietante. Sul metrò un ragazzo e una ragazza in preda a pazzeschi tic nervosi.
Lei che si strappa i capelli, lui che non tiene ferma la testa nemmeno un secondo.
Sul pullman un signore sta raccontando all'autista che collassa regolarmente tutti i giorni.
L' autista gli chiede: "Ma come fai se tutti i giorni cadi?"
 E lui risponde: "Sono abituato, anche stamattina sono caduto, faceva troppo caldo" e l' autista: "Ma se succede adesso, devo chiamare il 118?"
Madonna sto sudando....guarda come si esce dai finestrini chiusi.

STRIKE

Prende la rincorsa aiutata dalla velocità del treno per accaparrarsi un posto a sedere.
La logica vorrebbe che mirasse al posto più vicino, ma la signora in questione, carica di borse come uno sherpa tibetano, parte a razzo oscillando malsalda sulle gambe, e sbattendo come una pallina del flipper, verso uno degli ultimi della carrozza del metrò.
 Con uno sforzo sovraumano risale la carrozza, stavolta contrastando la forza contraria del treno in frenata, suda come un salmone che risale la corrente nel periodo della deposizione delle uova.
Ce la farà senza morire, il lieve tocco sul pedale del freno le da la spinta necessaria per travolgere una decina di passeggeri, che la vita beffarda, ha messo sul suo cammino, Strike!!!!
Esausta crolla sul sedile del posto che le ha permesso di vivere il suo sogno in questa manciata di secondi.
SIGNORA MIA, IL VAJONT A CONFRONTO, ERA LA PIOGGERELLINA DI MARZO CHE BATTE ARGENTINA SUI TEGOLI VECCHI DEI TETTI.

IL FRATELLO DI ROCCO


Posso immaginare cosa sia andare in giro con ammennicoli ciondolanti.
Ma posso immaginare anche che, la funzione delle mutande oltre che a proteggere, questione di igiene e bla bla bla...sia anche quella di mantenere adesi e fermi i gioielli di famiglia in maniera da arrecare minor fastidio possibile.
Non riesco invece ad immaginare che razza di maroni possa avere sto imbecille che sta con le gambe spalancate, occupando due posti in metrò.
Quando hai timbrato per salire, hai pagato anche per il bagaglio a mano?

DOMINO CINESE


Ma non sono normali sul metrò.
È la seconda volta che trovo uno che mangia l arrosto con la testa nel sacchetto della spesa.
Ad un ragazzo in piedi scappa di mano la chitarra nel fodero rigido e abbatte una ragazza seduta che sta telefonando, le parte il telefono dalle mani e finisce in faccia a quello di fianco facendogli partire gli occhiali che volano per terra.
Ma in che film mi hanno messo?
SE È MATRIX OPERATORE INDICAMI L USCITA PIÙ VICINA

IL GRIGIO E' DIFFICILE DA INDOSSARE

Tornando dal parco sono passato a trovare i miei nonni al cimitero di Balsamo.
Poi, come spesso faccio, non vado via subito, faccio un giro dentro a salutare un pò tutti, anche se non li conosco.
Non mi mette tristezza il cimitero, mi fa pensare e mi mette pace, non quella eterna, per ora.
 Mentre cammino tra le tombe guardando un pò di qua e un pò di là, con la coda dell occhio vedo una statua muoversi e girarsi verso di me.
Non sono una che si spaventa nei cimiteri ma, esimia testa di minchia, sei alta un metro e uno sputo, hai i capelli bianchi, pallida come un cencio e ti vesti tutta di grigio chiaro per andare al cimitero? Non te l ha mai detto nessuno che il grigio è difficile da portare?
Ma il bello doveva ancora venire.
Il più bello degli spaventi è quello che ancora non si era palesato.


IL BUONGIORNO DI VEDE DALLA PECORA

-IL BUONGIORNO DI MANUELA- L altoparlante della metrò annuncia:"primo treno in partenza dal binario 1, treno sul binario 2 sosta." Dal treno dove siamo parte la transumanza umana alla volta dell'altro. Improperi, maledizioni e tanti auguri rivolti al personale Atm. Poi candidamente un bambino sul treno dove sono rimasta dice:"mamma, ma quello è il binario 2, perché vanno tutti lì se parte prima questo?" EH BIMBO MIO, VANNO TUTTI LI' PERCHÉ LA GENTE NON ASCOLTA, SEGUE LA MASSA, COME LE PECORE, CON LA DIFFERENZA CHE LE PECORE SANNO DOVE STANNO ANDANDO, LE PERSONE NO MA CREDONO DI ESSERE PIÙ INTELLIGENTI DELLE PECORE.

LA VECCHIETTA DOVE LA METTO, DOVE LA METTO SI' LO SO

Stazione del treno deserta di Porta Venezia.
Una signora anziana mi chiama presso di sé e mi dice:" mi scusi, potrebbe sedersi qua con me che ho un pò paura? Sa, con quello che si sente in televisione in questi giorni..."
Nessun problema, mi siedo accanto a lei e parlando cerco di tranquillizzarla.
 Invece di un bottone mi attacca una cerniera da piumino che fa tutto il giro del cappuccio e torna indietro.
 "Sa signorina, con noi anziani è facile fare danni, voi giovani avete più forza"
Grazie gentile signora x avermi dato della giovane, sono giorni infiniti ormai che mi sento dire il contrario.
Dopo qualche parola sull'età, la dolce vecchina esordisce dicendo: "mi perdoni se le dico una cosa, se è vero che ha quasi 50 anni, dovrebbe perdere qualche chilo, sa è più che altro per i piedi e le ginocchia, le giunture sono delicate e in menopausa poi è più difficile dimagrire e viene l osteoporosi"
Ok vecchia di merda, dammi il portafoglio e la catenina se non vuoi che ti spacchi la faccia a calci e ti trovino avvolta nel nastro isolante in mezzo alla piscia nell angolo nascosto della stazione.

(gennaio 2015)

MAKE UP ARTIST

Sul metro, una signora vestita elegantemente, con due borse da shopping griffate, parla al telefono con l amica:"Ciao Lì, comme stai? Sì... sò stata da Sephora, me sò fatta na scorta de trucchi. No no, no dde Sephora, dde Guerlain. Costano un pochetto dde più ma mme piasciono tanto...." Dopo qualche fermata la signora si alza per scendere, sposta i capelli dal viso con un gesto della mano ampio ed elegante e si avvia verso la porta. EEEH SIGNORA MIA, ALTRO CHE SEPHORA, 'N COLORIFICIO INTERO CE VOLEVA. STUCCO BIANCO E MALTA BASTARDA.

LA PASTIERA

Al solito supermercato nell'ora di pausa.
Ho deciso di fare la pastiera alla mamma per Pasqua, le piace e così mi metto alla ricerca degli ingredienti.
Ricotta, uova, latte, acqua di fiori d'arancio, la cannella ce l'ho già a casa, i canditi non li metto, la pasta frolla c'è, manca il grano cotto.
Arrivo allo scaffale dello scatolame e trovo un solo tipo di grano in un barattolo di vetro da 750 grammi, praticamente in dose industriale, troppo, me ne servo meno.
La ricetta sul barattolo dice che è la quantità per una pastiera per 20 persone, noi siamo in quattro, arrivare a venti facciamo Natale ora che finisce.
Vado alla cassa e chiedo al solito elemento anomalo, escluso anche dalla tabella di chimica, se hanno una confezione più piccola di grano.
Questo mi guarda e mi risponde: "come più piccola?"
Madonna, adesso anche il concetto di piccolo e grande non gli è chiaro....
-"Sulla confezione c'è scritto che la quantità di grano contenuta nel barattolo serve per una pastiera di 20 persone, io non devo fare un dolce per così tanta gente"
- "Ma guarda che per fare la pastiera ci vuole quel grano lì"
- "Ho capito che ci vuole quel grano lì, ma non così tanto, noi non siamo in 20"
- "E che fa, ne fai due di pastiere no?"
Ma te non sei normale, Archimede, ti sto dicendo che siamo in 4 e non in 20 e tu mi dici di fare due pastiere da 10, cosa cambia somaro?
- "Cosa me ne faccio di due pastiere per dieci persone quando siamo in quattro?"
-" Una la porti a me"
Ma ti porto in tangenziale bendato e ti lascio lì all'ora di punta, altro che portarti la pastiera.
Cade il silenzio per una manciata di secondi interminabili e poi esordisce con la perla che decora quella conversazione surreale:
-" Ma siete 20 persone di Milano o di Napoli?"
Lo guardo con gli occhi spenti di chi ha perso tutte le speranze nel genere umano e resto immobile dentro di me, sperando con tutte le mie forze che dal nulla si materializzi il martello di Thor.
Riesco a sentire lo spostamento d'aria, il sibilo che annuncia la sua presenza, mentalmente mi vedo spostare il braccio e aprire la mano per afferrarlo al volo con l'istinto omicida più forte di tutti i tempi, ma mi accorgo tristemente che erano solo le porte scorrevoli che si stavano aprendo e fuori c'è ancora il vento.
Metto i miei acquisti nella borsa, pago e mi avvio mesta all'uscita aspettando la solita ultima frase che mi coglierà alle spalle come un cinese condannato a morte:
-" Perché se siete 20 persone di Milano va bene anche meno grano, non mangiate come i napoletani"
L'anno prossimo per Pasqua compro una colomba già fatta.



mercoledì 1 aprile 2015

UN ESplosione di auguri

Pausa pranzo, la pizza l'ho mangiata ieri, non ho voglia di andare dai cinesi, c'è il vento, vorrei parlare con te ma non posso romperti le palle tutti i giorni, a volte bisogna anche respirare.
Vado al piccolo supermercato vicino a prendere un pezzo di focaccia.
Alla cassa non c'è Martina e questo già non è un bell'inizio, infatti, la sventagliata delle minchiate parte all'istante, come un Uzi con il grilletto incastrato.
Il solito elemento fuori dalla terza dimensione esordisce con: " allora oggi è l'ultimo giorno..."
"ultimo giorno di cosa?", "di lavoro no?"
Va bene che io sono convita che sia venerdì da ieri ma pensare che mercoledì sia un ultimo giorno di lavoro mi sembra alquanto strano.
"perché deve essere l'ultimo giorno di lavoro, è mercoledì", "e ma qua vanno tutti in ferie" "in che senso qua vanno tutti in ferie?"
E' vero che come zona ha dei precedenti, a gennaio sono andati tutti a fare la settimana bianca (vedi post 'orientamento lento') e quindi adesso vanno tutti in ferie di mercoledì.
Il ragionamento non fa un plissé.
"no, io lavoro anche domani e dopo" "che fortuna! ma sabato, domenica e lunedì no però" "no, certo che no, sto a casa" " e vai via per Pasqua?" "no sto a casa" "eh, beata te!"
Come odio sentirmi dire: 'BEATA TE', quando chi lo dice sa che andrà a fare qualcosa di meglio di quello che farò io.
Almeno stai zitto che fai più bella figura, baccalà!
All'istinto di schiacciargli il taleggio sulla testa faccio prevalere quello dell'educazione e provo a rimettere la conversazione su binari di cordialità, mi rendo conto di avere l'espressione dello Snoopy ingrugnato dell'adesivo di Facebook e allora mi azzardo a chiedere:" tu invece cosa fai per Pasqua?"
"mi tocca andare al lago con gli amici"
Gli tocca andare al lago con gli amici, poverino, gli tocca.
Io invece ti toccherei la massa cerebrale con le mani come si impasta la pizza, solo per vedere l'elasticità massima a cui arriva per poter quantificare la portata massima di cazzate che può contenere.
Pago i miei acquisti e mi avvio verso l'uscita, ad un passo dalla porta sento la voce dietro le spalle che dice: "allora se non ci vediamo più Buona Pasqua"
"e no, non ci vediamo, oggi è l'ultimo giorno, tanti auguri anche a te"

sabato 28 marzo 2015

BELLA DENTRO


In quarant'anni che ho coscienza di me mi sono sentita dire di tutto e di più ma come oggi mai. Esco dal metrò e con il sole non resisto dal fotografare qualcosa, anche la più banale, ma lo devo fare. Sto prendendo l inquadratura e sento dei passi affrettati verso di me, non faccio in tempo a capire cosa sta succedendo e mi trovo una signora che mi vomita davanti ai piedi. Signora, mi dispiace tanto che stia male, sono perfettamente cosciente di non essere un gran spettacolo, specie la mattina, ma a me bastava anche solo "minchia che brutta". Speriamo che nessuno pensi mai che faccio cagare...

 

SAPESSI COME E' STRANO IL TIBET A MILANO


Al supermercato, Irritata a mille da ogni specie di idiota che incurante di tutto sbatte addosso con il carrello, gira tra le corsie affollate con lo zaino con dentro i quadrelli e piroettando come Baloo, falcia chiunque gli capiti ad altezza e le belle addormentate che, guardando in giro alla ricerca dell arca perduta, si svegliano dopo un frontale con il bancale della lettiera del gatto sperando che sia il principe. Non riesco a trovare quello che cerco e non ce la faccio più a stare li dentro. Mi avvio verso la cassa ed entrata nella corsia del latte mi trovo davanti un monaco tibetano. Il tempo x una manciata di secondi si ferma, non sto pensando, lo guardo negli occhi e il sorriso mi parte da solo. Lui sorride nello stesso momento e con un inchino del capo mi saluta, io gli rispondo nello stesso modo in contemporanea. In quel momento sento una sensazione di calma dentro e dopo qualche minuto passa il mal di testa che mi stava dando il tormento da stamattina. Mi avvio verso le casse con una bellissima sensazione addosso e passo davanti a quello che cercavo. Non riuscendo ad andare in Tibet, il Tibet è venuto da me. Bellissimo incontro in mezzo al caos inutile pieno di imbecilli.

ANCHE LE BANANE HANNO I PIEDI


San Babila, banchina del metrò normalmente affollata, non si sta stretti e c'è molto spazio dove collocarsi in attesa dei treni. Cammino lentamente verso il fondo della banchina così da trovare le carrozze meno colme. Sento una presenza ravvicinata dietro la schiena ma continuo a camminare allo stesso passo, la presenza non desiste, mi fermo, mi giro e mi sbattono addosso due donne cinesi. MA PEZZO DI BANANA COI PIEDI E IL CERVELLO DI UN MANDARINO, AL TUO PAESE SIETE 200 MILIONI E TUTTI IN BICICLETTA, QUA SIAMO A MILANO, CI SONO LE DISTANZE SOCIALI, LA BANCHINA È VUOTA, CI SONO DIECI PERSONE E TE VIENI A SBATTERE ADDOSSO A ME! Se volevi tornare a casa tua bastava dirlo, nel container c'è ancora posto e ho giusto un cartellino per l alluce.

CORNAMUSE A MILANO


Milano è bella perché ci trovi di tutto, ma tutto come oggi è la prima volta che lo trovo così. Seduto al bar un uomo, sulla trentina. Sul tavolino un aperitivo e in una mano una pipa con un buon tabacco dal sentore di miele e vaniglia. Occhi scuri, capelli neri con un buon taglio, barba ben tenuta in tinta con i capelli, giubbotto grigio scuro, anfibio e calzettoni scuri di lana. Polpaccio strepitoso a vista in avanzato stato di pelo, gambe accavallate con estrema eleganza e gonna. Un maschio con la gonna, con la gonna e trasalentemente maschio. A me il maschio piace maschio, bello muscoloso, con la gamba da terzino, massiccio che quando le tocchi senti che è solido e il muscolo in mano. Questo è riuscito ad esserlo anche con la gonna. E se....non sarebbe male....ih ih ih....

DEODORANTE ALLA SALSA TARTARA


Mi piacciono le promozioni nei negozi. Uno dei miei negozi preferiti è senza dubbio quello di saponi e detersivi e oggi nella pausa ho fatto un giretto in uno di questi. Non esco mai a mani vuote, piuttosto che niente prendo un dentifricio, oggi però mi sono data alla pazza gioia. Arrivo alla cassa e la gentile commessa, dopo aver battuto tutto quello che ho preso mi dice: 'oggi abbiamo una promozione sui prodotti @@@@, acquistandone due ha diritto a ricevere in omaggio un vasetto di salsa tartara, lei ha preso un deodorante e un detergente intimo, ne prenda uno". Che abbinamento strano, detersivo con omaggio edibile, ma questa salsa dove si mette, sotto le ascelle o dove?

FULL METAL JACKET


La giacca verde che volevo non c'è più, mi dispiace ma niente di tragico. Quello che non capisco è perché la commessa, con una pensata da faina, mi ha proposto con insistenza una giacca-simil-piumino con fantasia MIMETICA. Al mio silenzio, abbozzando un sorriso dice: "in fondo è sempre verde". CERTO, LA GIACCA È SEMPRE VERDE MA IO NON HO L ASPETTO DI UN PINO E POI, SIGNORA MIA, GIÀ LA MIA È UNA VITA DI LOTTA TRA ANFIBIO E LA FRASE 'SONO CONTRO LA VIOLENZA', MI DEVO TRATTENERE DAL PRENDERE LE PERSONE AD OMBRELLATE COME SE FOSSE IL MANICO DI UN FUCILE, IL MIO PROFUMO È 'NAPALM N.5'....IO OPTEREI PER QUALCOSA DI PIÙ SOBRIO.

venerdì 27 marzo 2015

MOMENT DI SIMPATIA


In parafarmacia. Il bello di codesti negozi è che puoi stare a guardare per ore e nessuno scassa, tranne oggi. Sto cercando la mia molecola: l' ibruprofene. Va bene qualsiasi marca purché da 400 mg e senza arginina. Moment Act da 20 compresse 11 euro. Brufen da 10 sette euro, Nurofen da 12 otto euro, Spididol no, non va bene. Prendo il Moment da 20. Arriva la farmacista e mi chiede 'a cosa le serve?' "Per tutto, dolori e febbre, ho fatto l influenza e non mi è rimasto più niente in casa, devo ripristinare le scorte" "ma lei prende il Moment per l influenza?" "Sì, ho sempre preso l ibruprofene, dovrei prendere qualcos altro?" "E che ne so io" "mi ha fatto la domanda e pensavo che mi consigliasse qualcosa di meglio" "io? No e perché dovrei?" Magari perché sei farmacista e mi stai ricamando la minchia a punto erba col Moment. Dopo una breve pausa ricomincia "non è detto che il Moment da 20 le conviene come prezzo, sono 11 euro, forse è meglio il Nurofen, 12 a otto." Io in matematica faccio pena, ma secondo me il Moment è meglio. "E lo Spididol è meglio" "non posso, c'è l arginina" "Eh chi l ha detto che non può?" Me l ha detto l imbianchino della ditta. Ma la laurea l hai presa alla scuola radio elettra? È vero che oggi sono indisponente ma lo so e non vado cercando risse, benché qualcuno pensi il contrario, ma se sono caricata come una molla e te cincischi col formaggio della trappola, alla fine qualcosa sulle mani ti scatta . E se le dita fanno male,
 

O COME OPOSSUM


È gennaio, fa freddo ma nemmeno tanto. Nonostante questo, nelle stazioni della metrò e del treno si aggirano animali strani, bipedi e ritardati, di sesso femminile di Opossum Metropolitano. Girano infagottate in piumini di manifattura asiatica sottocosto con ricarico da filiera più lunga dell'ignoranza di chi li indossa. Il cappuccio, bordato di pelo di gatto che miagola ancora, tirato su fino a coprire gli occhi come se il metrò fosse all'aperto ad Agordo. Camminano solo con la visibilità centrale di un cavallo immerso nel nebbione padano.
Camminano a zig zag come se ci fossero cecchini appostati ovunque. Nonostante tutti gli sforzi per intuire i loro spostamenti repentini e improvvisi ti sbattono contro. Tra lo stupito di aver trovato un altro essere umano su Marte e lo spaventato ti guardano con lo sguardo perso nel vuoto ed esclamano:"Oh!" OH COSA? NON SONO MICA LA NUOVA OPEL.

ORIENTAMENTO LENTO


Indecisa se passare dal piccolo supermercato a prendere l insalata, titubo sul da farsi indugiando sul portone dell ufficio. Vabbè andiamo a prendere l insalata e poi vado a casa con l altro autobus, tanto è presto. Arrivo alla cassa e il pingone solito, che deve avere una riserva barricata di domande di merda perché ogni volta è un festival, mi dice:"ma non sei andata a sciare?", "a sciare? Di giovedì?" Gli rispondo e lui : "qua vanno tutti a sciare, non vedi che non c'è nessuno?" Accompagnando la sua teoria inconfutabile con un ampio gesto del braccio, indican il locale deserto. La voglia di fare un ampio gesto con il braccio coglie anche me ma mi trattengo. Tre secondi di silenzio carico di tutto e poi altra domanda :"adesso vai a casa?" No vado a spiumarmi ai giardinetti qua dietro, e passa sta cazzo di insalata sul lettore che esco. "Ma abiti a Milano?" "No a Cinisello", "beh non è lontano, prendi il treno per Seveso" sì e poi me la faccio a nuoto. Non hai capito dov'è Seveso e dove sto io ma non importa, ho pagato e sto guadagnando l uscita, un attimo prima che si aprano le porte scorrevoli si sente: "ma Cinisello non è il paese di Trapattoni?" Mi fermo sulla porta, appoggio la borsa pesante che avevo da prima e con il reflusso gastroesofageo di un drago mi giro e rispondo: "Cinisello è la CITTÀ di Pierino Prati e se vogliamo allargarci di Gaetano Scirea, Trapattoni sta a Cusano Milanino. Non confondiamo il lungomare con un canale di scolo". Va bene andare a sciare di giovedì, farmela a piedi da Seveso, ascoltare tutte le volte le tue minchiate, ma dire che abito in un posto che conosci solo per un interista è troppo per la mia tolleranza.

ZINGARO VOGLIO VIVERE COME TE, ANDARE DOVE MI PARE NON COME ME....


"Buonasera signori signore scusate di disturbare sono una familia povera senza casa senza lavoro uno moneta per latte la bambina". Cantilenando questa tiritera, uno zingaro avanza nella carrozza del metrò, strisciando una gamba, appoggiato ad un bastone ricavato da un ombrello rotto attaccato con lo scotch ad un gommino di una sedia. Mi scappa l occhio sui piedi. Le scarpe non hanno i tacchi consumati nella maniera in cui si consumano a chi ha davvero dei problemi di deambulazione seria. Mendicante mendace, hai le scarpe sane.

L'IMBIANCHINO


Tenera famigliola sull autobus. Mamma, papà e piccino nel passeggino, disquisiscono amabilmente in lingua a me sconosciuta. Lei guarda tutti in maniera torva, lui fischia al bimbo pensando di farlo ridere. Nei momenti di silenzio lui infila le dita nel naso, scrosta le pareti dalla vecchia imbiancatura, ne fa accurate palline che meticolosamente incolla sui pantaloni all altezza del ginocchio. Un capolavoro di decoupage. Signora mia, invece di guardare gli altri come se facessero schifo, guardi quel riassunto di discarica che ha preso per marito, non si gioca col pongo organico in mezzo alla gente.

IL GAGA'


L autobus non passa e dopo un quarto d ora che aspetto decido di tornare a casa col il passante, il treno, non la prima persona che passa. Scendo le scale e il treno è già lì, salgo al volo e dietro con me sale un uomo di età indefinibile intorno forse ai sessanta, vestito molto bene, scarpe lucide e ben tenute come se ne vedono poche ormai, cappotto sartoriale di buona fattura, pantaloni in lana con piega perfetta e capelli tinti di un biondo finto come i soldi del monopoli. Mi ha ricordato Mike Bongiorno ai tempi di Rischiatutto. Si guarda in giro con la faccia a punto di domanda, del genere "che busta vuole, la 1 la 2 o la 3?" Dopo tre torsioni di collo tipo "L esorcista" mi chiede:"ma questo è il Saronno?" Gli rispondo educatamente col un sorriso:"Non lo so, non ho guardato..." e lui :"Grave!!! Anche io sono salito un pò così, si dovrebbe guardare dove si và". "Ha perfettamente ragione, ma io devo solo fare una fermata, non devo andare a Saronno". Oh cicisbeo del cazzo, te sei grave, ma da ricovero, vai in giro imbastito come un orlo col sorfilo e vieni a fare le menate a me perché non ho guardato dove và il treno. Te lo dico io dove va