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venerdì 22 maggio 2015

UNES PERIENZA SEMPRE NUOVA

Pausa pranzo, salto all' Unes.
Prendo il latte per i deficienti intestinali, il pane e vado nel reparto surgelati.
Prendo il gelato al pistacchio per oggi pomeriggio e gli spinaci per stasera.
Apro lo sportello del congelatore verticale e mi scappa lo sguardo per terra.
Dal primo sportello fino a metà della parete di congelatori (sono otto) scorre un rigagnolo d'acqua abbastanza nutrito.
Guardo gli sportelli in prossimità di quell'acqua e vedo che è dalle guarnizioni di chiusura che esce e all'interno dei congelatori le scatole sono tutte bagnate e alcune hanno sopra delle visibili grosse gocce congelate.
Memore della frequenza con cui si sono sempre rotti tutti i frigoriferi dentro a sud punto vendita, decido di farlo presente al tipo alla cassa.
Finito di prendere quello che mi serve mi avvio a pagare. Alla cassa c'è un altra persona, è la seconda volta che lo vedo, avranno aumentato l'organico.
 Pago la mia spesa e dico al tale alla cassa: "Mi scusi, è normale che i congelatori perdano tutta quell'acqua?"
E il tale sorridendo risponde: "Ma sì, è un po' di condensa"
Più che condensa direi la Festa della Sensa, manca giusto la barca del Doge e sembra lo Sposalizio del mare in Canal Grande a Venezia.
Hanno assunto una persona nuova ma vedo che il criterio di scelta è standard.

LA VERA TASSA E' LA SIGNORA CHE SBUFFA


Sabato mattina, in attesa del mio turno per la compilazione del 730, inganno l’attesa facendomi i fatti miei sul mio telefono.
Non siamo in tanti, ma quelli che sono qui sono il concentrato del ‘non plus ultra’ del rincoglionito andante.
Ore 9 e 15, dopo aver fatto scorrere N pagine di Facebook e aver scambiato battute agli isotopi radioattivi con la moglie, uno degli astanti compone un numero di telefono e alla risposta dall’altro capo del filo risponde: “ Ciao, stavi dormendo?”
A quest’ora del sabato è anche probabile, prova a chiamare me a quell’ora e se non dici un nome di battesimo particolare ti scoppia lo smartphone in faccia.
Esimia testa di cazzo, non si chiama alle 9 e 15 del sabato mattina facendo la domanda più cretina del mondo, a meno che tu non sia più che certo che la persona lavora anche di sabato o sia sveglia per altri motivi la devi dare per ‘in coma farmacologicamente indotto’ e chiamare dopo mezzogiorno.
Se sei sua madre e hai un’urgenza il discorso cambia, ma per dire che il preventivo cambia di 30 euro è da coglioni, per una porcata da 30 denari qualcuno è finito appeso ad un albero.

Ore 9 e 20, giovane coppia annoiata, non vede l’ora di scavarsi dalla minchia sto obbligo per dare inizio al week end ma arriva la telefonata di lavoro per lui e scoppia il finimondo.
Una telefonata a voce alta e concitata che fa uscire dai cardini anche le porte e dai gangheri me.
L’educazione non te l’hanno insegnata e l’uso sconsiderato dei cellulari non ha migliorato le cose, spero che non arrivi alla franchigia di rimborso delle spese mediche così non recuperi un centesimo sul 730, tanto per la coglionaggine non ci sono medicine ne medici.

Ore 9 e 30, arriva la signora anziana ma non troppo, di  quelle che ti levano la pelle di dosso con le unghie limate a punta stile ‘artiglio’ laccate con lo smalto rosso.
Si siede di fianco a me e dopo un minuto trentasei secondi e due decimi mi chiede:” Ma dentro c’è qualcuno?”
“Sì signora c’è qualcuno dentro”
“E’ che è perché non si muovono”
Ma se sei appena arrivata cosa ne sai te che non si muovono?
Dopo altri due minuti si alza, si avvia verso la porta di entrata degli uffici  dove ci sono gli impiegati, guarda dentro ma non vede nulla, sono fatti in maniera che da fuori si veda solo la scrivania della persona che chiama i nomi e da informazioni.
Torna al posto e sbuffa.
Un minuto di silenzio, come se stesse commemorando qualcuno prima di una partita di calcio e si gira verso la persona dalla parte opposta di dove sono io e chiede:
 “ Ma dentro c’è qualcuno?”
Hai visto uscire qualcuno in questi sei minuti? No, e allora cosa scassi il cartone del latte!
Alla risposta positiva del tale, sbuffa come un mantice e ricomincia a camminare.
Si ferma davanti all’espositore dei volantini della casa vacanze convenzionata con il comune come se fosse interessata a quello che c’è scritto sopra.
Non so a quanti interessi quel volantino, ma in 8 anni che vengo qui, quasi tuttI sono andati a leggerlo, riempie il tempo ma soprattutto è vicino all’entrata degli uffici, ti metti li nella speranza che non so per quale miracolo, chiamino te al posto di quelli che stanno aspettando da mezz’ora prima.
Da quella porta non esce nessuno, quando entri lì ti mangiano, non esci più, poi loro stanno immobili dietro a dei paravento in silenzio così tu che aspetti il tuo turno pensi che dentro non ci sia nessuno e anche se lo chiedi la risposta sarà sempre un SI, perché non vedendo nessuno uscire per logica vuol dire che è dentro.
La tale torna a sedersi di fianco a me e sbuffa di nuovo, poi si gira dalla mia parte ed esclama:
“Ma quanto ci mettono?”

SIGNORA MIA, SONO OTTO MINUTI CHE E’ ARRIVATA E NON SI E’ ANCORA DATA PACE, LE HANNO DATO L’ORARIO PER L’APPUNTAMENTO E AL SUO MANCA ANCORA UN PO’, IO SONO PRIMA DI LEI E NON SONO ANCORA ENTRATA, QUELLI DENTRO CI METTONO IL TEMPO CHE OCCORRE E IO CI METTERO’ IL MIO  E USCIRO’ MOLTO PIU’ LENTAMENTE DEL SOLITO COSICCHE’ LEI POSSA ENTRARE ANCORA PIU’ TARDI, TANTO NON DEVE TIMBRARE IL CARTELLINO MA MI HA TIMBRATO LA MINCHIA IN LUNGO E IN LARGO  A SUFFICIENZA, LA SMETTA DI SBUFFARE PERCHE’ NON SONO BARCHE A VELA E ANCHE SE SOFFIA COME EOLO NON VANNO PIU’ VELOCI.

 

 

I 'BARBA' DE MILAN


E’ un po’ di tempo che faccio questo tragitto per andare al lavoro alla mattina, sia a piedi che con l’autobus e vedo tanti signori senza fissa dimora che sostano un po’ ovunque.

Sotto i portici di Piazza San Babila se ne trovato tanti, qualcuno con il cagnolino, qualcuno solo, altri con un sacco a pelo dormono come riescono e a volte si svegliano perché una persona gentile ha portato loro la colazione, c’è un ragazzo insistente che sbarra il passaggio su una scala di uscita della metropolitana con una tiritera irritante, tutti i giorni inarrestabile, ti fa sognare i remi di legno messi di piatto, c’è l’immancabile zingara mezza morta accasciata contro un muro con una foto sbiadita della famiglia, ma non si sa famiglia di chi e c’è un signore senza età con stampato sul viso un’espressione da ‘poverino’ perenne.

Poi c’è un uomo con un cagnolino simpaticissimo che si fa accarezzare e vuole le coccole,  ha disegnata in faccia la rassegnazione ma sorride sempre se gli rivolgi la parola o anche solo un saluto, non chiede niente, ha un bicchiere di cartone della coca cola un po’ consunto, una valigia con dentro il suo mondo sulla quale si siede, una copertina dove si accuccia in canino e ringrazia sempre  se gli regali il soldino.

Indossa un cappellino dell’Inter e credo che sia quello il motivo per cui si trovi sotto ai portici col cane, se cambia il cappellino secondo me la fortuna comincia a girare dalla parte giusta.

Poi c’è un tale in via Borgogna, è sempre lì all’angolo dove c’è il semaforo, a volte seduto su una sedia blu con le rotelle, quelle da ufficio, a volte passeggia sul marciapiede ed è vestito in modo più che decoroso.

Il suo mondo è: un materasso a molle che tutte le mattine piega e avvolge un pesante sacco di plastica, tre sacchi avvolti in un altro sacco di cellophane, caricati e legati su una bicicletta e tre valige, anch’esse avvolte di pesante plastica trasparente, legate tra di loro e a loro volta legate ad una ruota della bicicletta che è legata ad un palo della luce con una pesante catena.

Fa pensare tanto il fatto di trovarlo lì in strada a quel modo, sembra un ‘senza tetto' abbiente, se lo scoprono gli tassano il materasso.

Stamattina la 54 si è fermata al semaforo rosso che è proprio dove c’è questo signore.

Nella manciata di secondi che dura il semaforo vedo avvicinarsi al tipo, che oggi è seduto sul davanzalino di una finestra a livello strada di un negozio semi interrato, un signore distinto, intorno alla sessantina, con capelli bianchi, occhiali da sole, vestito grigio fumo di Londra in fresco di lana e camicia bianca senza cravatta.

Si siede sul davanzalino assieme al tipo e parlottano un po’, poi il ‘barba’ tira fuori l’accendino e lo porge al distinto signore che si accende una sigaretta, ancora due parole e poi il signore prosegue la sua strada verso Piazza San Babila, il ‘barba’ lo saluta e si accende la sigaretta ricevuta in cambio dell’accendino.

Ho avuto la certezza che questa cosa non fosse la prima volta che capitasse, sedersi di fianco ad un senza tetto non lo fanno in tanti, non lo faccio nemmeno io che il ‘mio’ lo conosco da quattro anni, lo saluto tutti i giorni, ci parlo, so del suo bambino di 5 anni, della sua famiglia in Senegal e del suo diabete.

 

 

LA CLASSE NON E' ACQUA


A volte, quando sono in anticipo sulla tabella di marcia, prima di andare al lavoro mi concedo la colazione al bar.

E’ un bar piccolino, gestito da persone simpatiche, il marito un po’ meno perché è sempre attaccato al telefono con i giochini del menga e fa i cappuccini a tredicimila gradi Fahrenheit , lei invece è sempre carina e sorridente, anche quando cazzia il marito nella loro lingua di origine, si capisce che lo sta cazziando perché cambia espressione della faccia, sembra un cartone animato Manga, io esco sempre un attimo prima che lanci i componenti da dietro al bancone.

Stamattina son uscita di casa un bel po’ prima perché Roberto ha acceso la moto alle 7.20 invece che alle 7.30 come dovrebbe e così ho fatto colazione al bar.

Il bar è praticamente vuoto, ci siamo io e un signore sulla settantina , io prendo il solito cappuccino con la brioche alla marmellata di albicocche e mi metto a leggere i titoli dei giornali appoggiati sul tavolino, il signore attempato sta già bevendo un cappuccino.

Avrà una settantina di anni, indossa un vestito scuro con una camicia bianca e porta degli occhiali da vista fotocromatici con lenti spesse.

Deve essere in pensione ma veste come se dovesse andare al lavoro, sarà stato un capoccia di qualcosa e adesso per riempire il tempo e stare fuori dai maroni alla moglie,  farà il consulente di qualche cosa da qualche parte.

Mentre sorseggia il suo cappuccino, passeggia su e giù per il piccolo bar e si sofferma più volte davanti alla vetrina delle brioches, le guarda come se le stesse contando e poi torna indietro.

Fa la stessa cosa per due/tre volte fino a che finisce il suo cappuccino,  poi appoggia la tazza vuota sul bancone e paga la consumazione.

Prima di uscire prende un tovagliolino dal dispenser, quei meravigliosi tovagliolini rigidi come fette di legno che non asciugano niente che se presi bene di spigolo fanno anche male.

Lo piega in quattro come la pizza che si mangia a Napoli camminando, si ferma davanti alla vetrina dei succhi di frutta, che è più spessa di quella delle brioches, si mette nella posizione dove l’immagine viene riflessa meglio e con l’angolo più duro del tovagliolino piegato, comincia a pulire gli spazi interdentali davanti  della dentiera.

La classe non è acqua, sono briciole di brioche impastate tra i denti.

 

 

mercoledì 20 maggio 2015

QUANDO SI STARNUTISCE, SEMPRE LA MANO DAVANTI ALLA BOCCA.

Ci sono delle volte in cui vorrei non avere la capacità di osservazione che ho.
Oggi è una di quelle volte.
 Il viaggio in metrò è di per sé un'impresa, il ritorno di oggi è una sfida a trattenere l'anima dentro. la carrozza non è affollata e c'è accesa l aria condizionata.
 Un ragazzino tutto intento a giocare sul suo smartphone cerca di trattenere un starnuto fino al limite dell'impossibile ma alla fine, un tubo sotto pressione, cede.
Rapido come una saetta, mette la mano davanti alla bocca ma il naso lo tradisce, riempiendola di orgoglio.
Parte l'affannosa ricerca del fazzoletto perduto con la mano libera, cercando di non strapparsi gli auricolari dalle orecchie, di non far cadere il telefono e il prodotto interno lordo depositato sull'altra. Finita la performance di giocoleria e trovato il fazzoletto, con sollievo di tutti gli astanti, mette fine a questa tragedia rapidamente pensando di non essere stato visto e scende a quella che si presume essere la sua fermata.
L'aria condizionata è bastarda e oggi si accanisce.
Di fronte a me c'è un giovane indiano che chatta molto concentrato.
La cosa prosegue per due/tre fermate, dopodiché, con un sobbalzo improvviso sul sedile, emette un boato sordo, sibilante e frenato stringendosi il naso tra l'indice e il pollice della mano che non tiene il telefono.
Una, due, tre volte. Si guarda la mano e rimane con il palmo semi aperto continuando a scrivere con la punta dell'indice, si guarda in giro, riguarda la mano, si asciuga il naso col dorso della stessa mano, che pare colpita da artrite fulminante.
Cerca un modo per sistemare la e mano ma si capisce che non ha il fazzoletto.
Ad una fermata prima del capolinea si alza, guarda a destra e sinistra, muove una gamba per far scendere il pantalone rimasto incastrato al polpaccio, ma gli indiani non hanno polpacci tali da far incastrare i pantaloni, poi con un movimento impercettibile della mano finge di togliersi le mutande dalle natiche, e si asciuga la mano a palmo aperto sui pantaloni.
Si attacca all'apposito sostegno in attesa che il metrò si fermi e conclude il suo viaggio. 
Quando l'eleganza viene fuori da dentro si vede, non ce n'è, non la puoi fermare.


giovedì 14 maggio 2015

LA FINE DEL MONDO

Dove prendo io la metropolitana alla mattina è il capolinea dei capolinea.
Lì si fermano una decina di autobus e spesso due o tre nello stesso momento.
C' è anche la stazione del treno e un treno incrocia sempre almeno un pullman.
Da qui si evince che il flusso migratorio umano e di un certo calibro.
L'entrata della metropolitana dalla parte dei capolinea è una sola e quindi si congestiona molto.
Una nota marca di adepti religiosi piazza sempre un espositore di plastica trasparente con le proprie pubblicazioni, in mezzo al percorso obbligato della folla di punta.
Questo costringe a:
- gimcane strette per evitarlo e non urtare il salmone di fianco che spinneggia in debito di ossigeno per arrivare prima al tornello, sperando che sia il giorno in cui consegnano la medaglia d'oro.
- salti carpiati indietro improvvisi, perché rintronati ancora dal sonno, lo si vede all'ultimo minuto, costringendo la marmotta dietro di noi ad inchiodare senza avere lo spazio/tempo di mettere le quattro frecce.
- a recitare litanie di santi e madonne, tanto loro la Madonna non la riconoscono come tale, e non gliene frega niente che venga tirata in causa tutti i giorni per colpa loro, ma moriranno all'inferno tra atroci sofferenze per procurato allarme.
Quale razza di dono divino è toccato a queste volpi del deserto della fede che suonano al citofono alla domenica mattina, ti marcano a uomo come Gentile su Maradona nei Mondiali dell'82, appena ti vedono girare un angolo per strada e piazzano un espositore di riviste, in mezzo al passaggio nell'ora di punta, con scritto se credi alla fine del mondo??
La fine del mondo la state creando voi stando in mezzo agli zebedei con le domande filosofiche a cui nessuno ha voglia di dare risposte mentre va al lavoro, ma nemmeno quando torna.
Possibile che non ci arriviate con quella testa a compartimenti stagni?
Non voglio ledere la vostra libertà di culto ma un 'cicinin' più di acume non è chiedere troppo.
Mettetevi in un punto dove voi possiate essere visti ed eventualmente evitati, dove, nel caso la situazione sia meno concitata, possiate provare a proporre la vostra merce, e dove la fine del mondo, qualora dovesse capitare tra le 8 e le 9 e 30 del mattino, prenda in pieno solo voi e non tutto il resto del pecorame in transumanza.
Però mi sentirei di dare un consiglio spassionato: la fine del mondo lasciatela a Ligabue, che è un po' più allegra e soprattutto non in mezzo alle balle.




sabato 9 maggio 2015

GIURO CHE CE L'HO!!

Stazione di San Babila, tutti in fila più o meno ordinati, aspettiamo il nostro turno x vidimare il biglietto all'entrata dei tornelli del metrò.
Nella 'corsia preferenziale' destinata alle persone disabili, si presenta tutta trafelata una giovane donna con la fretta che morde l elastico delle mutande. L'addetto al mezzanino le si para davanti e lei con gli occhioni di Bambi, incomincia a cinguettare muovendo le mani all altezza del volto come se stesse salutando qualcuno: "Mi sono dimenticata l'abbonamento a casa, devo per forza prendere il metrò, ma glielo giuro, l'abbonamento ce l'ho, giuro ce l'ho ce l'ho!!"
Guardo la giovane donna e noto la sua figura alta e snella, un metro di gambe coperte da morbidi pantaloni blu, capelli lunghi rossi con gli occhi verdi e il viso spruzzato di leggere efelidi. un bell' apparire.
Il tale del metrò rimane impassibile ma muove impercettibilmente la testa invitando la donna a passare.
Tenendo conto che sui mezzi ormai viaggiano gratis variegati soggetti di ogni tipo, non mi ha dato assolutamente fastidio che fosse passata una persona che apertamente aveva palesato di non avere il titolo di viaggio..
Ma se le giuro anch'io che l abbonamento ce l'ho, ce l'ho, ce l'ho, ho gli occhi grigi, i capelli con i riflessi mogano, le gambe di un mediano e ho il giro vita di una botticella di aceto balsamico, fa passare anche me?

venerdì 8 maggio 2015

CASCASSE IL MONDO

Venerdì mattina, autobus semi vuoto, ottima cassa armonica.
Una donna in carriera, sulla corriera, di  circa cinquant'anni, impartisce ordini al cellulare con un tono di voce un po' troppo alto.
-"Non riesci a loggare sul sito di X@@@, cazzo, ha controllato che il pc è in rete? Che se non è in rete sono cazzi...chiama i tecnici...oggi è fondamentale che si riesce a finire quella cosa sennò lunedì chi la sente Giulia....ma nooooo, incredibile che ritardo solo 5 minuti e ci sono tutti sti problemi!"
E' incredibile anche quanti verbi riesci a sbagliare in tre minuti di conversazione.
Mentre parla cammina nervosa sull'autobus e gesticola ampiamente agganciando il filo degli auricolari strappandoselo dall'orecchio.
Ogni volta che l'auricolare scatta fuori dall'orecchio, in automatico parte l'impropero.
-"Allora, sei riuscita ad entrare?? Era ora, guarda se ci vuole così tanto per una cazzata...comunque, finito questo, l'urgenza è quel progetto di Mxxx@@@, che possiamo fare con tutta calma, ma con un certa celerità perché mi scoccia che mi sollecitano cose che in realtà non hanno nessuna urgenza.
Pianifichiamo il da farsi entro un tempo limite, in maniera che nel momento in cui occorre, siamo tutti pronti"
Il concetto di calma e urgenza appare poco chiaro all'orizzonte, esattamente come i congiuntivi.
Mentre immagino che la manager stia ascoltando quello che le viene detto dall'altra parte del telefono, noto che il suo viso si contrae in modo spasmodico in almeno tre tic nervosi diversi.
Che fatica deve essere arrivare a sera con la muscolatura così provata, ne so qualcosa perché a sette anni ero massacrata da quattro tic nervosi in tutto il corpo, era un lavoro a tempo pieno.
Per un attimo cala il silenzio e la pace sull'autobus poi di colpo di nuovo quella voce tonante che chiude la conversazione dicendo:
-" Non se ne parla nemmeno! Oggi dalle 11 alle 12 e 30 spengo il telefono e cascasse il mondo, io non ci sono, per nessuno....no, non sono in riunione, sono dall'estetista!!"
Più che di un'estetista avrebbe bisogno di un miracolo globale su tutti i fronti, in maniera che si possa optare alla risoluzione dei problemi da ogni angolazione, con tutta calma e la massima urgenza....,io opterei per Lourdes.

lunedì 4 maggio 2015

IN PRINCIPIO ERA IL ROTOLO

Sono interessanti le promozioni risparmiose che si trovano in tanti negozi, ma una che mi colpisce particolarmente è quella della carta igienica. All'inizio era il 'pacco famiglia' con 24/36/48/57 rotoli, voluminoso e ingombrante. Vederlo parcheggiato nei carrelli, sollevava battute di ogni tipo. Poi è arrivato lo stesso paccone, ma per ridurre l ingombro, un genio della fisica ha deciso di schiacciare il cilindro di cartone nel mezzo. Il pacco si appiattiva un po' ma il movimento ellittico del rotolo rendeva disarmonico e impreciso lo strappo, che andava ripetuto più volte, vanificando il presunto risparmio.
Adesso vanno tanto di moda i mega rotoloni con 20.000 strappi di morbidezza. Compatti e più grossi della media, per i primi 500/600 strappi, faticano a girare sul cilindro del porta carta, fanno attrito contro il muro, oppongono resistenza e si strappano da soli in una quantità non sufficiente alla bisogna, costringono all'operazione almeno due volte, con conseguente spreco. Quando il rotolone comincia a girare da solo e l attenzione non è più attratta dal cercare di non rompere la carta prima della quantità utile, ci si accorge che il mega rotolone è composto da carta a due veli. Qua bisognerebbe aprire una parentesi x spiegare che i veli ideali per l uso, dovrebbero essere tre, me lo ha insegnato il mio ex marito, leggere sempre sulla confezione prima dell'acquisto. Il rotolone a due veli costringe a strappare più carta di quella che servirebbe perché la sottigliezza dei due veli è come il pieno di un vecchio motorino, se non ti ricordi quando sei passato dal benzinaio l ultima volta, ti lascia a piedi. A questo punto mi chiedo: "dove sta il risparmio, se per essere sicuri di non essere piantati in asso come da un deodorante scadente in una serata importante, ci si deve ingessare una mano con numerosi giri di carta, come se ci si fosse rotti lo scafoide, il semilunato e il polso tutti insieme?"


venerdì 1 maggio 2015

NON DEVE ESSERE FACILE ESSERE CINESI

Oggi mentre sceglievo delle cornici viola per mettere qualcosa di nuovo in camera da letto, non riuscivo a far finta di niente. Da qualche tempo quando vado a prendere le cornici colorate dai cinesi, trovo un ragazzo del negozio seduto nella corsia che si riposa. È la corsia più nascosta e probabilmente senza telecamere. Oggi era seduto composto, in un angolo, con la testa bassa. Non riuscivo a far finta che non ci fosse e fino a che non lo hanno chiamato, non sono riuscita a... fare niente. Come se sentissi i suoi pensieri che facevano rumore. Per quanto mi facciano venire i nervi con la loro ottusaggine, penso che trovarsi in un paese straniero dove non si integrano nemmeno a scarpate, non sia una bella vita. Non credo che il loro essere scivolosi sia dovuto tutto al loro modo di essere, o meglio, è dovuto al loro modo di essere, sono così perché non conosco altro modo di essere. A casa loro se non sono così, si trovano in ginocchio dentro ad un furgoncino bianco e ne escono tirati dai piedi. Si ammazzano di lavoro e mangiano riso e cane. Qui non c'è il furgoncino bianco ma cambia poco. Non deve essere facile essere cinese e nemmeno dimenticarsi di esserlo