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sabato 31 ottobre 2015

COME MUORE UNA PASSIONE

Ho smesso di fare miniature perché mi sono ritrovata come un padre pellegrino a New York.
Tempo fa sono sbarcata in una terra semi deserta assieme a pochi altri, dove questo hobby delle 'case di bambola' era praticamente sconosciuto e l'entusiasmo che mi circondava era fortissimo. Sono nati gruppi che riunivano persone con la stessa passione e nascevano dal nulla riproduzioni della realtà in scala ridotta, poi è arrivata la prima associazione di categoria; un pezzo del mio cuore, un quinto della mia anima e piano piano metà del mio fegato, intossicato.
Sono passati dieci anni e ad una velocità sorprendente le case sono diventate grattacieli, altissimi e pieni di luci, sono diventate alberghi e fiere sparse nel mondo, i tubi delle stufe fatti con le cannucce delle bibite dipinte sono diventi tubi di metallo veri ridotti in scala, le finestre con i vetri fatti di acetato trasparente sono diventati vetri di vetro vero, il pane di pasta sintetica è diventato pane vero che non si deteriora e giorno dopo giorno è arrivata la perfezione in ogni cosa. Una perfezione che mi ha levato il respiro, come una cravatta con il nodo troppo stretto, quelle cravatte che danno il tormento ai funerali e che ci metti dentro il dito mille volte, tra nodo e collo, per guadagnare un attimo di sollievo ma non si allenta di un centimetro.
Dalle mie mani, nel frattempo, hanno continuato ad uscire cose fatte con il legno della May Flower, con le stoffe delle sottane delle mogli dei pastori protestanti e avanzi da rigattiere recuperati dell'immondizia restituita dal mare dopo una burrasca.
Non sono stata in grado di tenere il passo e in silenzio ho cominciato a rallentare mentre gli altri andavano avanti a passo svelto.
Il tempo trascorreva ed è fiorito anche il commercio delle meraviglie,
se fosse stato vivo Marco Polo sarebbe stato contento anche lui di tutto quello spettacolo, non sarebbe andato più nemmeno in Cina.
Nel frattempo io mi ero fermata e non sono stata in grado di ripartire più.
Guardando in alto, non riuscivo a contare di quanti piani fossero quei grattacieli, guardando in basso, avevo ai piedi ancora le scarpe nere con una grossa fibbia.
Avevano inventato gli aeroplani ma nel mio cielo c'era ancora il fumo dei treni a carbone e il mio viaggio è finito lì.