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venerdì 1 ottobre 2021

IL KARMA NEL KARRELLO

Solitamente nella pausa pranzo si mangia, si fa una passeggiata rilassante o si fanno delle commissioni che non si ha tempo di fare in altri momenti, queste sono le cose che generalmente faccio io. Oggi è venerdì, gli animi teoricamente dovrebbero porsi nello stato di grazia che annuncia il weekend, dovrebbero… Sono in fila alla cassa dopo aver fatto una spesina veloce e attendo il mio turno per pagare, non siamo in tanti dentro al piccolo supermercato, due donne stanno pagando, io sono in attesa del mio turno e dietro di me un pensionato e un ragazzo in coda. Sul display prima delle casse appare un numero e una voce metallica scandisce “cassa due” , mi muovo in ritardo di 30 secondi e dietro di me il pensionato infastidito esclama: “ E vai!” Mi giro e a fiato di drago gli rispondo: “E stia calmo, deve timbrare il cartellino o sta facendo la Stramilano?” Mi avvio alla cassa mentre il rimbambito, cercando il consenso delle persone presenti che se ne sbattono alla stragrande, continua a fare simposi sui 30 secondi persi, che capisco che alla sua età possono essere preziosi, ma anche andare di fretta a quel modo c’è sempre un bel rischio per il femore e l’infarto. Finito di pagare sto mettendo la spesa nella borsa e il caso vuole che la persona dopo di me sia il vecchio coglione che, avvicinandosi con il suo carrellino a due ruote, saluta baldanzoso la cassiera che pare conoscerlo. Inizia a mettere la sua spesa sul piano scorrevole della cassa e da pirla quale è, toglie tutte le cose leggere lasciando dentro al carrellino le cose più pesanti, il carrellino non se lo fa ripetere due volte e si ribalta spargendo sul pavimento del punto vendita bottiglie, barattoli, patate sfuse e mele a profusione. Mi giro a guardare cosa è successo e vedo lui che mi guarda con la faccia da imbecille, probabilmente pensando che lo avrei aiutato, invece accetto il suo invito precedente ad andare e lo lascio lì con tutto sparso per terra. Lo guardo a mia volta con una faccia da stronza e gli dico:“ Ha brontolato a me per una manciata di secondi e adesso il casino lo ha fatto lei, vediamo cosa le dicono quelli dietro che aspettano che tiri su tutto!” Saluto la cassiera e me ne vado. Figa, sei lì con un piede dentro alle pompe funebri e l’altro nella fossa e ancora rompi i coglioni. Ho finito la pazienza, avanti il prossimo…

lunedì 23 agosto 2021

C'ERA UNA CASETTA PICCOLA COSI'...

Avevo 6 anni ed ero in prima elementare, un giorno la maestra ci fece disegnare una casa sul quaderno di italiano. Non sono mai stata un asso nel disegno ma quella casa non mi era venuta tanto male, era una casa di due piani, sospesa nel nulla, con una finestra per piano e la porta al piano terra, un camino sul tetto. Per colorare avevo usato i pennarelli un po' faticosi da usare a 6 anni ma avevano un colore deciso e mi piacevano. Colorai il tetto di giallo e la porta di marrone, per il piano terra usai un rosa acceso e per il secondo un azzurro intenso quasi turchese. Mi piaceva tanto quella casa, mi sembrava di averla disegnata bene. La maestra poi controllò i quaderni per dare il voto, mi mise un 'benino'e e mi rimandò al posto esclamando a voce alta:"non esistono le case dipinte di rosa e azzurro!" Ci rimasi male, tornai al mio banco mortificata e un po' in imbarazzo davanti ai compagni. Cinquant'anni per avere la conferma del contrario, chissà cosa avrebbe detto la maestra di questi tempi se fosse stata ancora qui....

ERA L'ANNO 1970

Avevo 6 anni, ed ero in prima elementare, era il 1970. Era cambiata la decina dell'anno nella data, eravamo stati sulla Luna, era cambiata la moda, c'erano i pantaloni a zampa d'elefante, le donne potevano votare ma la mia classe era ancora divisa in due: da una parte i figli degli operai e dall'altra quelli degli impiegati, del farmacista e del dottore. A me non è mai pesato stare dalla parte degli operai,anche perché ho scoperto di questa divisione quando ormai ero adulta. Io stavo bene in mezzo ai figli degli operai, il mio papà era un operaio e non mi sono mai vergognata del suo lavoro. Eravamo disposti in file di banchi singoli, davanti avevo Maria Carmela, la figlia del pescivendolo e dietro c'era Michele, il figlio dell'ortolano. Mentre Maria Carmela era una bambina sempre perfettamente in ordine e pulita, aveva sempre i capelli pettinati con due trecce e il grembiule bianco sempre pulito e stirato, Michele invece era un bambino un po' lasciato a sé stesso, pur indossando il grembiule nero si vedeva che non era pulito, era sempre spettinato e sapeva intensamente di non lavato. Forse erano tanti in famiglia e i genitori non riuscivano a seguirli bene tutti. Mentre Maria Carmela si impegnava sempre nella lezione del giorno scrivendo, leggendo, disegnando, faceva sempre i compiti, a Michele invece non poteva fregare di meno di qualsiasi cosa, appoggiava la testa al banco e si faceva delle sonore dormite. Credo che nemmeno alla maestra importasse molto di Michele, era seduto nell'ultimo banco, ogni tanto passava di lì per cercare di calmarlo perché era un'anima libera, parlava da solo ad alta voce, cantava, aveva un quaderno ma non so cosa ci fosse scritto, ammesso che ci fosse scritto qualcosa, che ogni tanto volava per la classe all'improvviso. Quando gli veniva il momento estroso puntava i piedi sulle zampe dietro della mia sedia e spingeva con tutta la forza che aveva nelle gambe incastrandomi tra lo schienale e il banco fino a farmi mancare l'aria, era un bambino robusto e di forza ne aveva abbastanza. Quando mi aveva pressato per bene rideva come un pazzo, io un po' meno. Mi sono chiesta spesso cosa ne sia stato di lui, magari è diventato ingegnere. Maria Carmela invece era silenziosa, educata,sempre attenta a scrivere ordinatamente a quando capitava di dover cancellare qualcosa faceva sempre il buco nella pagina del quaderno. Avevamo quelle gomme terribili, rigide, da una parte blu che sembrava carta vetrata e dall'altra parte bordeaux un po' più morbida, ma da qualsiasi parte le usavi il buco nella carta era garantito. Non so perché per rimediare al danno cercava di chiudere il buco con la saliva, il motivo per cui cercasse di chiudere il buco lo sapevo, una volta a casa quel buco le sarebbe costato delle botte e Maria Carmela le prendeva con la cinghia dei pantaloni di suo padre, ma non sono mai riuscita a capire perché pensasse che bagnando di saliva il dito il buco si chiudesse. La paura ci ha fatto fare cose strane...ma questa è un'altra storia.

LE MIE PALPITAZIONI

Ero in quinta elementare, avevo dieci anni ed ero rinchiusa in uno scafandro di timidezza esagerato che non mi ha mai abbandonato. Ogni interrogazione era un supplizio, ero a disagio per tutto, ogni volta che sentivo il mio cognome venivo preso dall’angoscia da arrivare al punto di non riuscire a capire più niente, mi si abbassava l’udito, mi si seccava la bocca e diventavo rossa in viso da sembrare infuocata. Quando abbiamo studiato Silvio Pellico e i racconti dallo Spielberg, ogni volta che si parlava di Pietro Maroncelli erano salti sulla sedia, sembrava sempre che chiamassero me e ogni volta non capivo in che punto dell’Universo mi trovassi in quel momento e quando riuscivo a capire che era Maroncelli tirato in causa, era ormai finita la lezione ed io ero sudata marcia. Una mattina stavamo leggendo in classe, a turno si veniva chiamati a sorpresa, per vedere se eravamo attenti e tenevamo il segno. Praticamente una roulette russa, ogni volta che la maestra diceva ‘STOP’ sentivo il tamburo della pistola girare e pregavo che il proiettile non si fosse fermato vicino alla mia tempia. Generalmente ero attenta in classe, seguivo le lezioni e stavo attenta quando si leggeva proprio per la paura di essere chiamata. Quel giorno il tamburo aveva girato male e la canna con il proiettile si era appoggiata alla mia tempia. Appena la maestra pronunciò il mio nome mi si abbassò l’udito, vidi i pallini davanti agli occhi e persi il segno sul libro. Nel tentativo di riprendere il controllo della situazione annaspai nel vuoto e quando mi resi conto di non avere nulla a cui aggrapparmi cercai di buttarla sulla fortuna e iniaziai a leggere una riga a cas sperando fosse quella giusta, ovviamente non lo era e la classe scoppiò in una risata sonora che mi mandò ancora di più in confusione. La maestra cercò di salvarmi da quella disfatta dove Caporetto ne usciva come vittoriosa e mi indicò dove fossimo arrivati a leggere e di proseguire da lì. Cercai di riprendere la calma ma non mi riuscì granché bene, sentivo la mia voce rimbombare nella testa e il cuore battermi nelle tempie, non ricordo una virgola di quello che lessi solo che ad un certo punto c’era l’abbreviazione S.M. davanti al nome di un sovrano che ovviamente io non capii. Non fui intelligente da fermarmi e chiedere alla maestra cosa volesse dire, temevo di fare un’altra pessima figura davanti alla classe, così proseguii a leggere e anziché dire Sua Maestà…lessi Santa Maria! Vennero giù le pareti dell’aula dal fragore delle risate dei compagni, io mi perso completamente nella vergogna e mi trovai catapultata nello Spielberg assieme a Pellico e Maroncelli, almeno lì avrei avuto il cinquanta per cento di probabilità che in una ipotetica chiamata per cognome sarebbe stato Pietro e non io.

L’USCITA DAL MONDO DI FRUTTA CANDITA

Ero in seconda elementare e avevo sette anni quando il mondo mi è crollato addosso per la prima volta. Era da poco che ci eravamo trasferiti da Milano nella città dove vivo tutt’ora, non sono mai stata un campione di socializzazione, la timidezza mi ha soffocato con l’edera di Nilla Pizzi per tutto il periodo delle scuole. Ero riuscita ad avere però un’amichetta, la mia compagna di banco che sicuramente ci si è seduta lei accanto a me, non ricordo di aver avuto mai iniziative così eclatanti e che è stata la mia prima amica del cuore fino all’età di 14 anni, poi le nostre strade di sono divise e ci siamo ritrovato qualche anno fa grazie ad un social. Era una bambina molto attiva, nell’arco degli anni delle elementari faceva sport, un corso di inglese, nei week end invernali andava a sciare con la famiglia a Bobbio, mi ricordo ancora dove. In estate andava al mare e sapeva nuotare, era molto sveglia e sapeva un sacco di cose, da lei scoprii che nelle scarpe delle ballerine classiche c’era il gesso in punta mentre io pensavo che stessero su tutto a forza di piedi, mi disse cosa facevano esattamente marito e moglie da sposati, mentre io pensavo che l’essere sposati si riducesse tutto a dormire nello stesso letto e discutere a tavola all’ora di cena, mi spiegò cosa volesse dire violentare una persona e con una mestria da arciere professionista, tirò giù l’ultima cicogna dal campanile della chiesa del prevosto, spiegandomi come nascevano i bambini. Potrei fermarmi qui ed uscirne come Nino Benvenuti nel 1970 con Carlos Monzon, sconfitto, pesto, barcollante ma in piedi, invece il più bello dei mari non lo avevamo ancora navigato. Una mattina di dicembre, durante una ricreazione, parlavamo del Natale imminente. Ho sempre amato questo periodo dell’anno, ancora ora mi è molto caro, ci sono i sassi, le luci, Babbo Natale….e quella mattina Rossana mi disse che Gesù Bambino che porta i doni non esisteva, che erano mamma e papà che mettevano i regali sotto all’albero mentre i bambini dormivano. Un frontale col tram avrebbe fatto meno male e ovviamente non le credetti, mi si scombussolò l’anima fino all’ora di tornare a casa per chiedere conferma ai miei genitori, ero certa che non mi avessero mentito e che Rossana si fosse presa gioco di me ma ormai avevo mangiato dell’albero della conoscenza e il seme del dubbio si era insinuato nella mia mente. Una volta a casa ne ebbi la conferma dalla mamma e tutto intorno cambiò, la magia svanì lasciando un vuoto dentro e una delusione profonda che a distanza di cinquant’anni riesco ancora a provare ogni volta che penso a quel momento e indossando una foglia di fico mi incamminai verso l’uscita dell’Eden.

MASTRONARDI

Ero in prima elementare, avevo sei anni ed era un giorno in cui facevamo il dettato. La maestra dettava le parole in modo chiaro e lentamente specificando le presenze dei punti e delle virgole. Eravamo tutti impegnati a seguire la voce della maestra e a cercare di capire le sue parole, scrivevamo lenti, calcando con la matita sulla pagina del quaderno a volte rompendo le punte e rallentando la dettatura perché necessitava una pausa per poter temperare la matita. Tante volte i bambini si distraggono, non ascoltno, capiscono male a volte non sentono perché pensano ad altro e in quei dettati ci si trova di tutto. Rileggendone uno qualche giorno fa sono scoppiata a ridere fino alle lacrime per le corbellerie che sono riuscita a scrivere. In classe c’era un compagno che non scriveva mai la lettera maiuscola dopo il punto così la maestra, quella mattina, ebbe l’infelice idea di terminare la dettatura del periodo esclamando ad alta voce: “…punto, a capo, lettera maiuscola, trombone per Mastronardi!!” E la classe scoppiò in una sonora risata con il disagio e l’imbarazzo del povero Mastronardi.

venerdì 11 giugno 2021

L'ASCENSORE PER L'INFERMO

In questo anno e mezzo di situazione pericolosa e comportamenti anomali la mia fiducia nel genere umano, già scarsa di suo, è scesa sotto zero. Non ho mai sofferto la lontananza, che in questo caso non è stata come il vento, e nemmeno il non poter abbracciare e baciare qualcuno. Io ci sono stata bene in questa asocialità forzata, per altri forse era costrizione, ma per me è filosofia di vita. Non so cosa mi sia passato nel cervello ieri sera, ma tornando a casa incontro uno dei vicini con cui ho un buon rapporto, e questa frase riferita a me suona come un porcone in sacrestia. Mentre lui attende l'ascensore e io controllo la casella della posta, ci scambiamo le solite domande di rito, nel frattempo arriva l'ascensore e il vicino sale, io sono a distanza di sicurezza come sempre e lo saluto mentre la porta dell'ascensore si chiude. Dopo una manciata di secondi la porta si riapre e il vicino sporgendo la testa mi dice: - Vuoi salire o preferisci aspettare? Ci penso un secondo e per la prima volta accetto di salire in ascensore con un'altra persona dopo un anno e mezzo. Entrata nella cabina, mentre chiudo le porte e schiaccio il piano dove abita il vicino, parlo a voce alta facendo le mie considerazioni per l'aver accettato di salire: - Ma sì salgo, tanto abbiamo le mascherine, ci voltiamo le spalle e poi io sono vaccinata... Lui tranquillo risponde: - Bene, tu sei vaccinata, io l'ho fatto... Cade il silenzio e nella testa parte immediatamente la musica de 'Lo Squalo' ZAN ZAN ZAN ZAN ZAN ...(lo so che l'hai letto canticchiando) Sono stata un anno e mezzo lontana da tutti e quando decido di avvicinarmi a qualcuno anche se in sicurezza questi ha contratto la malattia, eccheccazzo! Sarà guarito? Sarà ancora infettivo? Quanto tempo è passato? Non poteva dire solo 'Bene' senza specificare oltre?? Sono solo cinque i piani che deve salire ma quest'argano del demonio sembra debba scalare il Pirellone fino all'ultimo piano, sembra immobile. Per stemperare la situazione e sembrare intelligente faccio le solite domande del cazzo: - Sei stato tanto male? L'hai fatto a casa o in ospedale, adesso come ti senti? Lui gentilmente mi risponde: - E sì, sono stato parecchio male, non riuscivo a respirare, sono stato a casa ma sono arrivato al punto che stavo per farmi ricoverare perchè non respiravo più ma mia moglie non ha voluto e alla fine è andato tutto a posto. - Adesso come va, stai bene? Ti ha lasciato strascichi? Hai fatto fatica a riprenderti? E siamo sempre dentro a questa cazzo di cabina che sembra essere tirata su a mano da capitan Uncino. - Sì, adesso sto bene, è passato tanto tempo, era Ottobre... Dentro la testa parte il conteggio con le dita delle mani, ottobre, novembre, dicembre, gennaio.... - A beh allora è passato tanto tempo, ora stai benissimo! L'imbecillità lascia spazio al sollievo e di colpo l'ascensore arriva al piano, auguro la buona notte al vicino che scende e proseguo la salita verso casa.

giovedì 27 maggio 2021

E GIRA GIRA L'ELICA, ROMBA IL MOTOR, QUESTA E' LA BELLA VITA LA BELLA VITA DELL' AVIATOR....

Il treno per Treviglio è un treno a sè stante, non segue la tabella degli orari, arriva quando vuole e secondo me non va nemmeno dove dice di andare, però riserva sempre delle belle sorprese. Oltre ad arrivare qualche volta in orario, talvolta all'interno delle sue carrozze custodice delle magnificenze. Questa mattina salgo come sempre assorta nei miei pensieri, opere e omissioni, guardo distrattamente in giro giusto per capire l'ambiente e aspetto che si compia il breve tragitto di una fermata che mi porta alla stazione di discesa. La mia curiosità viene attratta da un uomo sui 45/48 anni, seduto, leggermente brizzolato con indosso una giacca mimetica di quelle che indossano i militari. Non riesco a capire se è davvero un militare oppure indossa un capo che al momento va di moda tra i maschi di ogni età, e torno al mio skippamento di Tik Tok. Arrivati nei pressi della fermata della mia stazione, mi preparo per scendere e mi accorgo che si alza anche il tale mimetico che si avvicina alle porte di uscita, guardo i piedi e vedo due anfibi, il cuore sobbalza, adoro tali calzari... Lo sguardo sale su un paio di gambe lunghe e muscolose avvolte da un pantalone, anche lui mimetico e nella testa di sta facendo spazio l'idea che codest'omo sia un militare a tutti gli effetti. La tac prosegue, all'altezza dei fianchi vedo iniziare la giacca già notata prima ma la vedo in tutta la sua estensione, avvolge un torace che fa provincia e due spalle da armadio quattro stragioni, cosa saranno gli addominali? Sotto alle maniche non si immaginano i bicipiti, si vedono chiaramente e si 'sentono', inizia a far caldo...del resto siamo quasi a giugno. Un viso asciutto, ben rasato, leggermente abbronzato, occhi scuri e il capello brizzolato, finiscono di comporre l'immagine di questo marcantonio alto dal metro e ottantacinque in su. All'altezza dei miei occhi, sull'ampio torace rassicurante che accoglie pensieri sconci di ogni tipo nel giro di pochi nano secondi, sono posizionate due patch: quella di destra con scritto Aereonatica e si accendono i motori dei Tornado nella testa, e quella di sinistra con il cognome: 'Allattato'. A me però sembra che siamo già passati alle pappe...

mercoledì 12 maggio 2021

BUONA GIORNATA

Normalmente quando cammino per strada da sola senza gente intorno, la mascherina la tengo sotto al naso, la bocca coperta ma il naso fuori, così prendo un po' respiro quando non c'è nessun rischio per me e per gli altri. Dopo una decina di minuti che cammino arrivo nei pressi di un incrocio vicino ad una scuola dove c'è un'auto della polizia locale che blocca l 'accesso alla via per dare modo ai bambini di attraversare la strada in sicurezza. Sono sul marciapiede con il semaforo rosso e aspetto che scatti il verde, appena scatta due bicicletta attraversano sulle strisce pedonali e procedono il loro cammino sul marciapiede nel senso opposto a quello di marcia della strada a senso unico e mi schivano a malapena. Solitamente nei pressi delle scuole e dove ci sono tante persone, la mascherina la indosso correttamente, ma questa mattina volutamente la lascio sotto il naso e passo vicino ai vigili. Prontamente uno di loro mi fa il gesto con la mano e dice "La mascherina..." Io gli rispondo con un altro gesto della mano e dico: "E alle due biciclette sulle strisce pedonali che hanno proseguito sul marciapiede in contromano, cosa facciamo?" Attimo di silenzio e il vigile, con aria di sufficienza e infastidito, muovendo la mano nel gesto di allontanamento dice: "vada" E io gentilmente gli rispondo: "Vada anche lei e ci passi una bella giornata"

mercoledì 5 maggio 2021

5 maggio 2020

Ieri in piazzale Dateo ci saranno state un centinaio di persone, non le vedevo da due mesi, bambini in bicicletta e monopattino che urlavano felici, mamme che parlavano tra loro, persone a fare la spesa, mi sembrava tutto stranissimo, li guardavo perché erano colorati e in questi due mesi che ho continuato ad uscire per andare a lavorare ho visto le cose in bianco e nero ma me ne sono accorta ieri. Come se i muri dei palazzi chiusi avessero colorato tutta la città di vuoto e silenzio. Ieri c'era tanta gente e faceva le cose di sempre, come se il tempo di questi due mesi non si fosse mai fermato, e tutti avevano le mascherine, bambini compresi, distanze rispettate, code ordinate per entrare in tutti i negozi aperti. Non c'era il poliziotto a controllare ma tutti facevano quello che dovevano fare. Le persone sanno quello che occorre fare e lo sanno fare bene ma noi vediamo solo gli stupidi e ascoltiamo i cretini. Abbiamo avuto la triste opportunità di stare fermi ad aspettare, non ricominciamo a correre presi da cose non essenziali, ritorniamo a camminare guardandoci in giro ma non per fotografare quello che corre o è senza mascherina e blaterare nei gruppi di cose inutili. Guardiamoci intorno che ci sono tante cose da vedere, suoni da sentire, odori e profumi da annusare.

martedì 4 maggio 2021

A E I O U ruttsylon ...

Ragazze alte, filiformi con le gambe sottili fasciate in leggings stretch, stivaletti con tacco 10, capelli lunghi dritti, borsetta al gomito semiflesso con la mano chiusa a pugno morbidorivolto verso l'alto e avvolte in cappottini smilzi color pastello. Rossetto mat impeccabile e unghie laccate lucide. Tre minuti per osservarle nella loro grazia e leggiadría, tutte simili, fatte con lo stampino ma graziose. Cinque secondi per sentirmi un muratore slavo con i pantaloni sotto l'ombelico, la pancia appoggiata alla cintura, lo stecchino infilato tra l'incisivo e il canino di sinistra e le mutande incastrate in mezzo al culo. Però ti so ruttare l'alfabeto in cirillico dopo tre birre doppio malto.

Sotto il vestito...poco.

Primavera, leggero venticello mattutino, signorinella gambelunghe con una gonnellina leggera mossa dall'aria si appresta ad uscire dalla stazione del metrò. Siete giovani e belle ma sotto le minigonne leggere, specie quando c'è il venticello capriccioso, mettete uno slip avvolgente non tanga o brasiliane, sette gradini sotto, sulla scala mobile si vede tutto. Oggi mi ha salvato solo l'indifferenza verso il mio stesso genere, fossi stata anche solo bisex sarei morta di infarto.

mercoledì 10 marzo 2021

SPERIAMO CHE SIA FEMMINA

Signora di antica matrice alta un metro e una tabacchiera, porta al guinzaglio un canino di quelli che stanno nella borsetta di Paris Hilton. Passeggia con un'amica più lenta del Treviglio in ritardo e occupa la parte esigua del marciapiede lasciata libera dalle macchine parcheggiate ad minchiam. Ad un certo punto il canino si blocca e non c'è verso di smuoverlo, prova a tirarlo col guinzaglio ma niente, lo solleva dalla codina per vedere se sta facendo la cacca ma niente, mi piacerebbe vedere se tirassero su lei dalla pelle del culo mentre sta cagando. Non riuscendo a capire come mai non si muove, si gira verso l'amica quasi cercando una giustificazione a questo bizzarro comportamento del canetto e dice: "a volte lo fa ma non capisco mai il perché, avrà sentito una cagnetta in calore..." "Signora, non vorrei essere invadente ma dietro di lei c'è un Alano di 40 chili che sta aspettando di passare..." Girandosi si trova davanti un pacifico cavallo vestito da cane ancora dallo scorso carnevale, che seduto pare più alto di lei e visibilmente sorpresa esclama: "forse è femmina..." Eh...forse.

ANOTHER BRICK ON THE BALLS

Oggi il Treviglio è in orario ma sono in ritardo io. Il problema non è rilevante, devo solo fare una fermata, due minuti passano veloci. Solitamente quando salgo sul treno non mi metto tanto lontano dalle porte e se il treno non è affollato mi ci piazzo proprio davanti, tanto non do fastidio a nessuno. Arrivato il treno in stazione lascio scendere le persone e aspetto di salire. Ho sempre l’auricolare con la musica in un orecchio e il naso dentro al cellulare, leggo giornali in inglese, sfoglio Facebook, guardo i balletti di Tik Toc, prendo al volo l’ultimo Tweet, ho il tragitto pieno di impegni, sembro distratta ma sono multitasking, mi guardo anche in giro perché devo prendere appunti mentali per le cose che scriverò poi nel resto della giornata. In mezzo a tutto sto daffare alzo un attimo la testa e quella che pensavo fosse una delle mie normali extrasistole giornaliere si trasforma in una sincope. Davanti a me si materializza l’ottava meraviglia del mondo che pensavamo distrutta con il colosso di Rodi. Un ragazzo intorno ai 25/27 anni, non credo di più, alto circa un metro e ottantacinque o giù di lì, con in testa un berretto di lana che potrebbe coprire un taglio di capelli cortissimo, alla marine, con la mascherina che copre il resto del viso lasciando scoperti dei begli occhi color ambra trasparente senza espressione, questo mi fa ben sperare che non si sia accorto della TAC che gli sto facendo. Indossa un giubbott di similpelle con sotto una felpa col cappuccio che si appoggia sulla schiena, spalle larghe, bicipiti inguainati nelle maniche che lasciano poco spazio all’immaginazione, giubbino leggermente aperto sul torace ampio e si intuisce che là sotto c’è una tartaruga in letargo in attesa di tempi caldi per mettere fuori la testa e fare cucù. I jeans skinny elasticizzati si appoggiano sulla gambe senza costringere troppo, ma evidenziano le cosce da mila ore di squat con i pesi e polpacci torniti a colpi di pedale da spinning. Complice il vetro della porta dietro di lui, riesco a vedere il lato B che pare ballare la samba senza muoversi da tanto è alto e marmoreo. Perfetto outfit total black, il massimo su un Marcantonio di siffatta specie, scarpe sportive massicce, virili, che inghiottono un piede lungo da un 44 in su e portano automaticamente a fare calcoli matematici improponibili per capire se calza meglio la teoria della L o quella della lunghezza del piedi, nel dubbio moltiplico tutto per 3,14 e riporto due. Al polso sinistro un orologio alla GI Joe nero e a quello destro un bracciale chain steel che sottolineano mani possenti con vene leggermente in superficie. Nell’insieme pare scolpito da Dio in persona, purtroppo si avvicina la mia fermata e la voglia di andare a Treviglio si fa prepotente, non voglio scendere da quel treno chiamato desiderio, voglio continuare a bearmi di quel dio greco per ore e ore e ore e ore…. Una frazione di secondo prima che il treno fermi e apra le porte alla mia fermata, lo sguardo viene attirato dal movimento della sua gamba in avanti che mette in mostra un calzino con su Braccobaldo e delle fette di torta. Dentro di me sento il rumore secco dei mattoni che castrano il maiale e le lacrime iniziano a scendere copiose senza freno. Sanguinante nell’anima proseguo per la mia strada cosciente che niente sarà più come prima.

giovedì 25 febbraio 2021

OH, BELLA ZIA...

Stamattina ho alleggerito il vestiario invernale, le temperature si sono alzate e camminare nel sacco a inizia a fare caldino. Metto i jeans, maglietta nera sotto, sopra felpa nera col cappuccio, il piumino nero più leggero e lascio fuori il cappuccio della felpa. Infilo gli auricolari senza filo, mi sparo a palla Kardinal Offishall con Dangerous in loop, scarpe, borsa e vado. Passando davanti allo specchio osservo l'immagine che rimanda, non ho niente a che vedere con mia nonna alla mia età che portava le vestaglie a fiori, ma non ricordo nemmeno mia madre alla stessa età, tutta tailleur e tacchi. Sono abbastanza brava a cavalcare il tempo e reggermi in piedi senza essere anacronistica, al passo con i tempi senza coprirmi di ridicolo e chiamo l'ascensore. Nell'attesa ballo a tempo di rap, mi manca il catenone d'oro col pataccone in scala 1:1 e potrei sembrare il 25 cent della Crocetta, un Parallelepipedoebbasta, ma è l'unico modo per stare fuori dal mondo che mi sta schiacciando. Mentre cammino verso la fermata dell'autobus inizio a ravanare nella borsa muovendo la testa a ritmo della canzone alla ricerca del cellulare, che ovviamente non riesco a trovare e iniziano a girarmi le balle, non ho voglia di tornare indietro a casa per vedere dove l'ho lasciato. Se invece di ballare con le orecchie tappate prestassi attenzione a dove metto le cose e a cosa faccio! Tiro fuori un po' di cose dalla borsa per vedere se è finito in qualche andito recondito ma niente, non c'è, e la musica continua....dangerous...dangerous..🎶🎶... La musica è sul telefono.

martedì 16 febbraio 2021

TWERKA CHE TI PASSA... IL TORNELLO

Siamo arrivati alla fine della giornata, il metrò è arrivato al capolinea di prega di scendere prestando attenzione agli oggetti perdonali. La transumanza cittadina di incammina verso le scale immersa negli smartphone e persa nei pensieri in attesa di tornare a riveder le stelle. Io sempre con la testa a vanvera mi perso nella musica portata da un auricolare solo, l'altro orecchio lo lascio libero per potermi rendere conto di dove finisco mentre cammino pensando alla Pennsylvania. Da qualche tempo ho notato che,da quando ho abbracciato la fede del pendolaresimo nel lontano 1979 a.C., il parco 'tranvieri' si è decisamente svecchiato. Da ragazzina c'erano vegliardi logori nel corpo e nell'anima che tiravano sera come buoi attaccati all'aratro, senza sorrisi e con il menefreghismo incollato alle maniche della camicia d'ordinanza. Oggi, queste carcasse macilente, hanno lasciato posto a ondate di assunzioni di reclute dalla carne soda, che hanno portato aria fresca, sorrisi e anche qualche muscolo che in estate fa bella mostra di sè. Risalita dalle gallerie urbane, arrivo al piano del mezzanino e mi avvio verso i tornelli, la mia attenzione però viene attirata da una sagoma scura non ben delineata, guardando meglio capisco che è un appartenente all'azienda di trasporti locali che, appoggiato ad un tornello con i gomiti, crea un angolo di novanta gradi dandomi le terga. Ho qualche problema a mettere a fuoco da lontano ma avvicinandomi vedo bene che l'immagine che mi si para davanti sono due natiche avvolte da un pantalone che le le rende particolarmente tornite e pare contenerle disegnando un perimetro perfetto che la O di Giotto je fa...gli porta le ciabatte, diciamo così... Rallento il passo e noto un movimento di polso sciolto mentra 'scrolla' sul video del suo smartphone, deve avere fatto tanto allenamento tirando i dadi al casinò, dalla scioltezza parrebbe così. Poi l'occhio mi scappa, meglio evitare questa espressione che solo al pensiero mi fa paura....diciamo che la mia attenzione viene attirata da un altro movimento, pare avere il ballo di San Vito. Sempre tenedo i gomiti appoggiati al tornello, inizia a muovere le anche facendo oscillare le chiappe a destra e sinistra che Elettra Lamborghini pare un'educanda, convinto del suo twerkare seguita a scrollare, e io mi avvio verso casa cantando "I'm a, I'm am a, I'm a nasty girl, fantastic Este culo es natural, no plastic...." E per i boomer che non la sanno cercate Nathy Peluso.

mercoledì 3 febbraio 2021

YES DADDY

Dopo aver scoperto l'esistenza delle sugar baby mi sono trovata la richiesta di un 'daddy' su Istagram. Un daddy fortemente miope da scambiare me per una baby. Ma posso essere la tua baby se te hai 25 anni meno di me?? Va bene che vuoi viziarmi con tutti i tuoi soldi e alla mia età alla fine, se le fai fare un giretto sul brucomela non è poi una tragedia, ma vestirmi da marinaretta col gonnellino a pieghe e il Lollipop in mano mi sembra un po' azzardato. Passino i codini e le calzine bianche ma a squittire "oh yeah daddy...deeper..." non mi ci vedo proprio. Sono una boomer e te sei un millennial, fai il bravo daddy che mi sta attaccando la pastina al pentolino.

martedì 26 gennaio 2021

'NA TAZZULELLA 'E CAFE'

La consuetudine ‘forzata’ di bere il caffè nel bicchierino da asporto ormai fa parte del comportamento comune, è diventato quasi normale vedere roccoli di persone davanti ai bar che chiacchierano sorseggiando caffè e cappuccini, se non vogliamo pensare al motivo che ci ha portato a fare questa cosa possiamo anche pensare che fa tanto ‘ammericano’ e ce la facciamo andare giù assieme alle bevande. Arrivando con l’autobus come tutte le mattine, lo sguardo cade come sempre davanti al solito bar e il pensiero corre alle meravigliose brioche alla crema che la pasticceria interna sforna ogni giorno. Stamattina però c’è un’altra cosa che attira la mia attenzione, un uomo alto, corpulento, con i capelli spettinati dal vento freddo, imbacuccato in un giubbotto imbottito blu intento a cercare di pulirsi la parte davanti con la mano destra dal caffè fuoriuscito dal bicchierino chiuso male e nell’altra mano tiene il bicchierino gocciolante. Sono carucce quelle tazzine ma se non hai un barista intelligente che la sa chiudere bene i risultati sono questi. Dopo essersi pulito alla belle e meglio il giaccone finisce di bere il caffè, butta il bicchierino nel cestino dell’immondizia lì vicino, inizia a succhiarsi un dito dopo l’altro per togliere il caffè colato dall’incidente occorso poco prima e per concludere in bellezza, lecca il palmo della mano aperta finendo l’igiene personale con buona pace dell’Amuchina, dei gel e dell’alcool etilico che probabilmente in questi mesi ha fatto danni non solo al fegato.

lunedì 25 gennaio 2021

HABEMUS HOME BANKING

Non so quanti anni ci abbia messo mio fratello a convincermi ma alla fine ce l'ha fatta: HABEMUS HOME BANKING! La fa facile lui, del '67 un GEN X, tecnologico da sempre, io Boomer e chemmenefregaamme dell'Home Banking. Devo dire però che come Boomer sono una bella fetta avanti rispetto a tenti/e Boomer della mia età, smanetto con i telefoni, le app, i social, mail, blog, cam, pc, tablet, pin e puk e piff e paff e faccio le challenge di TIkTok. Se non stai al passo con i tempi è un attimo essere dismessa nel Walalla dei rimbambiti. Provo a fare il primo accesso all'app della banca, inserisco l'ID, la password temporanea ed esce il messaggio: " ti abbiamo mandato un sms, inserisci il codice che hai ricevuto" Aspetto qualche secondo ma non arriva nessun sms, aspetto ancora un po' ma niente, riprovo a fare tutto l'iter per il primo accesso, inserisco l'Id, la pssword temporanea, do l'invio ed esce lo stesso messaggio di prima:" ti abbiamo mandanto un sms, inserisci il codice che hai ricevuto" E come prima non arriva niente, come prima aspetto un po' e come prima non arriva niente di nuovo. Comincio a mischiare i santi delle prime tre pagine del calendario e decido di chiamare il numero verde messo a disposizione dalla banca. Dopo quattro squilli risponde una voce squillante di donna che inizia ad elencare le opzioni disponibili nel servzio clienti: "Per informazioni sulle carte di credito e carte prepagate digirare 1" "Per informazioni sui conti correnti digitare 2" "Per informazioni sulle novità per titoli e azioni digitare 3" "Per informazioni sull'app YOU APP digitare 4" "Per creare le PIN entra nella sezione CARD oppure chiedi a Paolo" Cosa vuol dire 'chiedi a Paolo'? Chi è sto Paolo? Siete seri?? Che razza di banca è che: 'chiedi a Paolo' Ho capito che mio cugino Paolo lavora in banca, ma cosa ne sa lui dell'app della mia banca, mica posso rompere le balle a lui tutte le volte che non riesco ad entrare nell'Home Banking. Pensa come sarebbe felice se lo chiamo alle 2 di notte per chiedergli come faccio ad entrare nella mia home banking. Rimando un attimo basita con il telefono in mano e mi sento un po' l'Olimpia della trasmissione di Bonolis: "Buoansera Paolo..." Riattacco e per una frazione di secondo penso a quando le banche erano come a Walnut Grove e la signora Ingalls ci depositava due dollari sulla fiducia.

giovedì 21 gennaio 2021

LA MAMMA DEI MINCHIONES E' SEMPRE INCINTA

Sovente mi reco in un negozio dove vendono ogni tipo di saponi, tisane, cosmetici e affini e mi beo dei colori delle confezioni cercando qualche amenità, spesso inutile, da comprare per sollevare l'animo. Il vantaggio di questi negozi è che anche in 'zona rossa' sono aperti, la fortuna è che fanno parte della tipologia di negozi che mi piacciono e che frequento spesso e volentieri perchè ci passo del tempo per rilassarmi un po'. Ormai è un anno che nelle nostre azioni consuete si è insediato l'uitilizzo del gel per disinfettare le mani. Quasi tutti ne abbiamo con noi una bottiglina ma sicuramente tutti lo utilizziamo all'entrata dei negozi. In suddetto negozio c'è un distributore di gel elettronico,comodissimo aggeggio che evita la manovra ragionata di splamare bene il dito che si appoggia al beccuccio degli erogatori elementari, e permette di vagare mentalmente a bufalo libero nella prateria mentre ci si unge le mani alcolizzate. Una volta entrata mi fermo davanti al totem dell'igiene, passo la mano sotto al distributore elettronico e dopo qualche secondo il gel cola sul palmo della mia mano. Con l'automatismo solito avvicino le mani strofinandole e persa nella mia testa attendo qualche secondo che l'acool evapori. Nell'attesa mi guardo in giro per decidere da che parte iniziare il mio giro rilassante ma all'improvviso esco dai miei pensieri svegliata da una sensazione di freddo appiccicoso sulla fronte. In una frazione di secondo mi rendo conto che ho inziato a fare il segno della croce e mi fermo basita da me stessa e dalle minchiate che ultimamente sono in grado di fare quasi quotidianamente. Mi sono inzaccherata la fronte di gel ma mi fermo un attimo prima di zozzare la spalla del piumino e guardadomi la mano mi rebdi conto del punto di non ritorno a cui sono arrivata, Incurante di tutto e di chi potrebbe avermi visto, inizio a cantare il ritornello di 'Take me to church'e mi avvio al piano di sotto del negozio con buona pace di Hozier. Eeeeeeimeen....eeeeeimeeeen....eimen...eimen.