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mercoledì 29 novembre 2017

UN DOMENICANO METROPOLITANO

A Milano abbiamo dei modelli di treno metropolitano ai quali hanno dato dei nomi e hanno colori differenti a seconda della linea su cui transitano, qui parlo della linea 1. L'innovativo Leonardo, dalle linee moderne e accattivanti, disegnato da un ingegnere stitico; sedersi sui suoi ondulati vermigli sedili, da la stessa sensazione di quando ci si siede sul cesso con il coperchio dell'asse chiuso, in piena notte al buio, mezzi addormentati.
Poi c'è il Meneghino, che con il nome ricorda di essere un abitante di Milano anche lui, con la sua elegante livrea rossa e nera è uno spettacolo per gli occhi e ha i sedili accoglienti, ti fanno sentire come nel salotto di casa.
Ultimo, ma in realtà secondo in ordine di arrivo, c'è  un senza nome che meriterebbe quello di Highlander.
Funzionale nelle sue linee sobrie ed eleganti, nei colori bianco voncio dei sedili e rosso morbido frullato di fragole, dei sostegni, ricorda un frappè.
Il più comodo di tutti, dalla seduta ortopedica, nei posti ai lati esterni lascia spazio alle braccia di muoversi liberamente e ammazzarsi di social, cosa che il Meneghino limita un po' perchè ha i braccioli chiusi e blocca il gomito.
Non tutti sanno che questo treno non nasce così da un progetto nuovo, ma sono le carrozze dei vecchi treni, revisionati, riadattati, rimodernati e rimessi in circolazione.
Se non ho fretta in genere lascio passare i Leonardo e cerco di prendere quelli più comodi, anche se più affollati. I Leonardi non piacciono tantissimo e non sono l'unica a farlo.
Mentre aspetto il treno giusto sento la signora vicino a me dire ad un'amica: "Aspettiamo che arrivi un domenicano che sono più comodi di quelli nuovi"
MENO MALE CHE NON PASSANO I FRANCESCANI, CHE FARLA TUTTA FINO AL CAPOLINEA SEDUTI SU PANCHE DI LEGNO E CON I SANDALI SENZA CALZE A FINE NOVEMBRE E' IMPEGNATIVO.

lunedì 27 novembre 2017

PAOLO DA CANNOBIO, CHI ERA COSTUI


Se in un giorno di pioggia Andrea e Giuliano incontrano Licia per caso, io ho incontrato la nonna di Jean Claude Van Damme.
Sono le otto del mattino di un lunedì piovoso a Milano, in piazza Diaz ci sono dei portici dove la si può evitare per un bel pezzetto, almeno fino al capolinea della 54 dove devo andare io.
A metà strada mi si avvicina una signora di antica permanenza in terra e dura cervice, vestita in modo elegante e sobrio, pantalone color biscotto con la piega e giacchetta nera, sulla testa una cotonata anni sessanta, borsetta sulla spalla sinistra e ombrello nella mano destra,  che brandisce a mo’ di spada e mi chiede:
-Scusi, per piazza Fontana…..
Penso giusto un paio di secondi alla strada più breve da indicarle, perché è un filino distante da dove ci troviamo e le indico con un braccio la strada dietro di noi.
Sto per parlare quando la signora, agitando il braccio ombrellato, mi tira una steccata sulla gamba anticipandomi con voce alterata
-Ma se mi hanno detto dopo Paolo da Cannobio!!!!!
-Sì signora, dopo Paolo da Cannobio va bene, ma da qui fa prima se gira…-
-Ma come….mi hanno detto….
E seguita a parlare agitando le braccia in modo disarticolato, cerco di evitare l’ombrello che mi arriva due volte all’altezza della faccia e le chiedo gentilmente di abbassare la guardia che non stiamo duellando a singolar tenzone, sto solo cercando di spiegarle la via più breve per arrivare in piazza Fontana dal punto in cui ci troviamo.
La signora ottusa non ascolta ragioni e continua a ripetere il nome di Paolo da Cannobio in preda all’ansia crescente.
Credo che a questo ritmo incalzante di citazioni, Paolo da Cannobio si materializzerà davanti a noi per vedere chi è che sta disturbando il suo sonno eterno alla mattina presto.
Riprovo ad aprire le trattive cercando di spiegarle la strada e tenendo la guardia alzata con il braccio sinistro le dico:
-Allora signora, se smette di agitare quell’ombrello cerco di aiutarla, se proprio non riesce a fare a meno di gesticolare, lo faccia almeno con la mano libera che quell’ombrello in mano a lei è un’arma pericolosa.
Poco convinta della cosa però abbassa il braccio e mentre ripiega la zampa di drago mi legna sulla spalla, la giacca leggermente imbottita attutisce la legnata ma se mi distraggo un attimo ci rimetto il naso.
Riprovo ad indicare la via dietro di me, ma a quel movimento la signora riparte con la menata  di Paolo da Cannobio con la voce che diventa stizzosa come i capricci dei bambini, il braccio con l’ombrello decolla di nuovo e mi atterra diretto sulla testa.
ACOLTA, MARY POPPINS DI STO CANNOBIO, VISTO CHE  NON HAI NESSUNA INTENZIONE DI ASCOLTARE E IO NON SONO UNA TARTARUGA NNJA QUA A SCHIVARE LE LEGNATE DI PRIMA MATTINA, PRENDI STO CAZZO DI OMBRELLO, METTITELO NELL’INCAVO DEL BRACCIO CHE TANTO NON PIOVE PIU’ E VAFFONTANA IN PIAZZA!
E GIA' CHE CI SEI,  SALUTAMI PAOLO.

lunedì 6 novembre 2017

DEI BISCOTTI E DELLE PENE

Da quando hanno rinnovato il supermercato vicino a dove lavoro, le corsie e gli scaffali sono un tantino strani.
Il locale ha perso la caratteristica tipica del supermercato anni '50 per prendere la fisionomia dello 'store' moderno d'olteoceano, un posto aperto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, dove trovi tutto di tutto: spazio relax con angolo bar, lavanderia, sartoria, sviluppo fotografie, corridoi stretti con scaffali altissimi,distribuiti con una logica a me ancora parzialmente sconosciuta.
Dopo i primi giorni di smarrimento assoluto, dove il criceto che ho in testa si è scaraventato giù dalla ruota incapace di accettare l'assenza di un pulsante per ricevere del formaggio in cambio, ho capito dove trovare le cose che acquisto abitualmente e questo mi ha permesso di tornare ad essere rapida nella spesa e poterla fare come prima nell'ora di pausa.
Oggi giorno di spesa, sono in perfetto orario sulla tabella di marcia, sono quasi alla fine, mancano solo i biscotti che compro raramente ma oggi ho deciso così.
Pessima decisione!
Arrivata nella corsia dei biscotti mi trovo davanti una signora, compagna di scuola di Noè che appoggiata al carrello, discorre amabilmente con la nipote ventenne accucciata per terra:
- Nonna, questi sono con miele e zucchero di canna...-
spiega la ragazza tenendo tra le mani un pacchetto e leggendone gli ingredienti.
-Miele e zucchero di canna.....ma allora sono drogati...zucchero di canna...-
risponde la nonna con calma ponderata e una risatina divertita, nonna ha fatto la battuta e seguita dicendo:
-Ma con miele e zucchero di canna non saranno troppo dolci?-
la nipote paziente risponde:
-Il miele e lo zucchero saranno dosati in quantità tale da non risultare stucchevoli-
Nel frattempo mi sto stuccando io contro la parete perché siete proprio davanti allo scaffale dove ci sono i biscotti che cerco io, state facendo un collo di bottiglia in un luogo angusto e state facendo un simposio sul contenuto glicemico dei biscotti, che per natura loro non nascono per essere amari.
Mentre la nipote seguita a strisciare con il passo del giaguaro all'interno dello scaffale alla ricerca del biscotto perduto, la nonne prosegue nel suo monologo:
- E meno male che hanno levato l'olio di palma...-
Secondo me ce lo potevano anche lasciare, tanto se è arrivata così mangiandolo regolarmente non è che a lasciarcelo per qualche anno ancora il danno sarebbe stato minore.
Parlando praticamente da sola, perché della nipote ingoiata dallo scaffale restano solo le scarpe, seguita dicendo:
-Da quando hanno ristrutturato questo supermercato non passano più gli operatori tra gli scaffali, non si può nemmeno chiedere aiuto...-
No signora, non passa proprio più nessuno tra gli scaffali, sta bloccando tutto il traffico col carrello, la nipote sdraiata per terra e lei che non si decide a scegliere quale biscotti prendere!
Esaurito il tempo a mia disposizione e la pazienza in dotazione standard, opto per dei biscotti alternativi a quelli che pensavo di prendere e mi sposto nella corsia parallela della pasta per ovviare all'ingorgo sulla Frollino/Reggio Galletta.
Mentre mi allontano sento la nonna chiedere ancora con voce petulante:
-Ma quelli con il miele e lo zucchero di canna sono rotondi o rettangolari?-
SIGNORA, SONO A FORMA DI DIRIGIBILE E SENZA OLIO DI PALMA, PRONTI PER L'INZUPPO, SI FIDI...

mercoledì 1 novembre 2017

SII COME IL BAMBÙ

Pensate alle canne di bambù, legno duro, nodoso ma flessibile, se lo pieghi flette in modo esagerato senza rompersi e poi torna nella posizione iniziale, si adatta alla situazione anche se non la condivide.
Mentre flette oppone sufficiente resistenza che gli permette di non cedere, ma se ti scappa dalle mani e ti atterra in faccia fa parecchio male e ti dice che anche se stai facendo lo scemo alla fine è lui che vince perchè torna come prima.
I rami secchi invece cedono di schianto perchè dentro tutto si è seccato, non si sono adattati, non hanno capito, non hanno ragionato, sono rimasti rigidi sulle loro posizioni, un po' arroganti e un po' ignoranti.
Il bambù regge nel tempo e ondeggia silenzioso e forte, il ramo secco si spezza di colpo con uno schiocco improvviso.
Sii come il bambù che il ramo secco rompe i coglioni, anche quando si spezza.

MI SONO FERMATA SULLA SPIAGGIA

Ho smesso di fare miniature perché mi sono ritrovata come un padre pellegrino a New York.
Tempo fa sono sbarcata in una terra semi deserta assieme a pochi altri, dove questo hobby delle 'case di bambola' era praticamente sconosciuto e l'entusiasmo che mi circondava era fortissimo. Sono nati gruppi che riunivano persone con la stessa passione e nascevano dal nulla riproduzioni della realtà in scala ridotta, poi è arrivata la prima associazione di categoria; un pezzo del mio cuore, un quinto della mia anima e piano piano metà del mio fegato, intossicato.
Sono passati dieci anni e ad una velocità sorprendente le case sono diventate grattacieli, altissimi e pieni di luci, sono diventate alberghi e fiere sparse nel mondo, i tubi delle stufe fatti con le cannucce delle bibite dipinte sono diventi tubi di metallo veri ridotti in scala, le finestre con i vetri fatti di acetato trasparente sono diventati vetri di vetro vero, il pane di pasta sintetica è diventato pane vero che non si deteriora e giorno dopo giorno è arrivata la perfezione in ogni cosa. Una perfezione che mi ha levato il respiro, come una cravatta con il nodo troppo stretto, quelle cravatte che danno il tormento ai funerali e che ci metti dentro il dito mille volte, tra nodo e collo, per guadagnare un attimo di sollievo ma non si allenta di un centimetro.
Dalle mie mani, nel frattempo, hanno continuato ad uscire cose fatte con il legno della May Flower, con le stoffe delle sottane delle mogli dei pastori protestanti e avanzi da rigattiere recuperati dell'immondizia restituita dal mare dopo una burrasca.
Non sono stata in grado di tenere il passo e in silenzio ho cominciato a rallentare mentre gli altri andavano avanti a passo svelto.
Il tempo trascorreva ed è fiorito anche il commercio delle meraviglie,
se fosse stato vivo Marco Polo sarebbe stato contento anche lui di tutto quello spettacolo, non sarebbe andato più nemmeno in Cina.
Nel frattempo io mi ero fermata e non sono stata in grado di ripartire più.
Guardando in alto, non riuscivo a contare di quanti piani fossero quei grattacieli, guardando in basso, avevo ai piedi ancora le scarpe nere con una grossa fibbia.
Avevano inventato gli aeroplani ma nel mio cielo c'era ancora il fumo dei treni a carbone e il mio viaggio è finito lì.