Cerca nel blog

giovedì 3 dicembre 2020

50 sfumature di ansia

Una parte del mio lavoro consiste nell'avere contatti quotidiano con i corrieri sia al telefono che di persona, non sempre è semplice la gestione della cosa ma oggi è stato un po' particolare. Lavorare in un call center non è facile e nemmeno rilassante, ci ho lavorato per sette anni e so di cosa parlo, nei periodi concitati delle feste poi è il delirio totale e non sempre si riesce ad essere perfettamente profossionali, a volte capita di perdere la pazienza o di essere particolarmente stanchi e dalla voce si percepisce tutto, senza sconti. Oggi per me è stata come una giornata di mare dal vento di scirocco, caldo e dalle onde alte. Devo fare tre telefonate ad un corriere per sistemare dei sospesi. Prima telefonata: " @@@ buonasera sono Danilo come posso aiutarla?" voce squillante, senza inflessioni dialettali,gentile e professionale. Sistemiamo il sospeso in una battibaleno e ringraziandoci a vicenda ci auguriamo garbatamente una buona serata. Seconda telefonata: "@@@ bonasera so' Franco come la posso aiutà?" E avemo capito da dove risponne, comunque professionale come il collega precedente ma ha il respiro ansante,a volte cigola, sembra che stia facendo la cacca ma poi pensi che sembra anche altro... Se riuscissi a non osservare anche con le orecchie a volte sarebbe meglio. Quando poi il sistema operativo collabora poco allungando le telefonate, le manciate di secondi in questo caso diventano lunghe come...nun me ce fà pensà lunghe come cosa, che con sto respiro me viè l'ansia. Sistemato anche questa ci salutiamo con i ringraziamenti ma un po' distanti, niente buona serata, ognuno che se la passi come meglio gli và. Terza telefonata: "@@@ buonasera sono Ruben, come posso aiutarla?" Oggi sono tutti uomimi, ci sarà l'algoritmo testosteronico... Il nome mi ricorda un gatto rosso che avevo ma la voce è di velluto. Dico il mio nome e da dove chiamo come faccio sempre, si presentano loro e mi presento io. Spiego la mia richiesta, do tutti i dati che mi chiede e mi accorgo che di sottofondo non c'è nessun rumore, a volte capita che cada la linea, può succedere, poi sento la voce calda e suadente che mi chiede di ripetere un numero che non aveva capito, doveva essere in 8D perchè mi sembrava di averlo dietro alle spalle, mi sembrava anche di sentire il caldo sul collo, poi sparisce, senza dire niente torna il silenzio astrale. Aspetto nel vuoto un po', magari è come prima, ha silenziato il microfono della cuffia per non fare sentire gli altri colleghi che lavorano vicini, mi faccio tutte le congetture del caso e aspetto. All'improvviso riappare la voce morbida che mi conferma tutti dati inseriti e poi di nuovo il silenzio. Stiamo giocando al gatto col topo, mi sembra 50 sfumature de che cazzo ne so, sto qua si sente Christian Grey e io salto sulla sedia ogni volta che salta fuori, come se fossi bendata. Quello di prima ansimava, questo gioca a nascondino, ma chi c'è in sti call center adesso? Mentre mi perdo via in queste divagazione rosse,nere e grige torna la voce che mi chiama per nome e dice: " Manuela, gliel'ho rimesso in consegna..." Ah, adesso si dice così? Lo rimetta un po' dove vuole, veda lei.... E mentre sento lo scatto delle manette ai polsi, mi ritrovo attaccata allo stipite della porta con lui che mi saluta ringraziandomi. "Grazie di aver chiamato @@@...le auguro una buona serata"

mercoledì 2 dicembre 2020

Confusa e incastrata

Tornando a casa il mio spirito di osservazione non si addormenta nemmeno quando il cervello è da un'altra parte. Scendo dal treno a Porta Venezia e mi dirigo verso la scala mobile, davanti a me un giovane ragazzo vestito di nero, e già lì s'è preso 100 punti senza nemmeno respirare. Corporatura non troppo robusta, vabbè non è il mio tipo ma possiamo passare anche oltre, capelli cortissimi che si intravedono sotto il berretto di lana. "Bomber" e jeans skinny elasticizzati che avvolgono il bacino e le gambe lunghe e sottili, leggermente storte che riveleranno tutto il loro perché un attimo dopo. È qualche gradino davanti a me sulla scala mobile offrendomi una vista garbata sull'insieme. Arrivati al piano solleva il piede inguainato in un anfibio e si prende altri 300 punti d'amblè. Un maschio con gli anfibi è il top! Inizia a camminare morbido, con una falcata da gazzella, una camminata femminile fantastica che mi lascia con la bocca aperta, tutto che si muoveva sinuosamente invitando la fantasia a ricamare arazzi dai colori di fuoco e qui la mascherina ha confermato tutta la sua utilità. Non riesco a distogliere lo sguardo da quello spettacolo e lo seguo fino a che non lo perdo di vista perché le nostre strade si sono divise. In una manciata di secondi mi sono accorta di camminare come Chewbacca di Star Wars, ho capito i muratori slavi quando fischiano dai ponteggi, mi sono trovata agganciata ad un tornello dove non potevo né scendere né salire e non c'erano nicchie a nido di chiurlo che potessero aiutarmi e ho avuto forti dubbi sulla mia identità di genere. Poi tutto è scoppiato come una bolla di sapone e sono tornata, un po' scossa, alla ricerca del militare col fucile, del rossetto lucido e dei collant neri mentre nell'auricolare partiva Nelly Furtado con Promiscuous.

lunedì 12 ottobre 2020

TAKE YOUR HAND QUT OF YOUR POCKET, PLEASE.

Da quando avevo 16 anni ho sempre avuto una passione per gli Stati Uniti d’America. Non ho mai pensato di viverci ma mi piacerebbe vedere qualcosa, New York in primis, poi passando il tempo e conoscendoli un po’ meglio, si sono aggiunti altri luoghi, come Salt Lake City, Anchorage, Philadelphia, Lancaster… Da ragazza li ho girati con la fantasia sull’Atlante Geografico, l’ho distrutto a forza di girare le pagine, ce l’ho ancora e mi fa tanta tenerezza vedere come l’ho ridotto, ma insieme abbiamo girato il mondo più volte e negli States abbiamo fatto il ‘Coast to Coast’ infinite volte, abbiamo visto porre la prima pietra miliare della Route 66, attraversato il deserto dell’Arizona e fatto il bagno nell’Oceano. Ora con Google Maps è tutto più bello, si gira in macchina! A volte quando sono sotto stress mi metto ad elencare in ordine alfabetico tutti gli stati della bandiera americana e ci sono degli stati che fanno fatica ad entrarmi in testa, un po’ perché non ci hanno fatto tanti film o non ci sono particolari cose che li fanno ricordare, altri per pura ignoranza di base così per ovviare alla cosa, quando sono particolarmente “under pressure”, vado in giro per gli States nei posti meno conosciuti dalla mia mente. Oggi è uno di questi giorni dove i pensieri arrivano da ogni parte come proiettili e non ho una grande velocità ad alzare gli scudi, sono nervosa, devo risolvere tre problemi alla volta e molto velocemente, praticamente un marine in guerra col tempo, allora ho deciso che in pausa mi vado a fare un giro in Pennsylvania ed in particolare nella contea di Lancaster. L’unica cosa che conosco di questo stato sono: le comunità Amish, che sono 6 ore indietro rispetto a noi, che deve il nome al quacquero William Penn e che è stata una delle tredici colonie a comporre gli Stati Uniti. Aperto Google Maps, seleziono la città di Lancaster e parto da lì, gira gira, guarda guarda e mi ritrovo in una piccola cittadina che la nota di spiegazione passa come ricca di cose interessanti da vedere, il prezzo degli alberghi a 3 stelle parte dagli 88 euro e si chiama Bird in Hand… Ora, io non parlo neanche bene l’ inglese ma mi faccio capire bene quando voglio, siete pregati di non finire la frase alla Vasco Rossi anche se l’avete letta cantandola. Dicevo che non parlo inglese, lo capisco meglio se parlato piano e lo capisco sufficientemente bene se lo leggo, ma chiamare una cittadina, anche se ridente, Bird in Hand… anche uno che ha studiato il Coreano ci arriva. Ma cosa saranno mai queste notevoli attrattive turistiche in questa piccola cittadina della Pennsylvania?? Take your hand out of your pocket, please.

martedì 6 ottobre 2020

ENCHANTIX!!

Sull’autobus alla mattina alle 7.15, solito ingorgo nella solita strada, è così da tempo immemore e fa perdere un sacco di tempo. Spesso me la faccio a piedi da casa al capolinea del metrò, una mezz’oretta di cammino nemmeno tanto faticoso, a volte ritempra lo spirito ma stamattina ci vorrebbe dello spirito in bottiglia per ritemprare l’anima, parto già stanca e decido di prendere il pullman, ne aspetto uno abbastanza vuoto e inizio il viaggio pendolare quotidiano. Sono fortunata, c’è anche posto a sedere e mi accomodo armata di pazienza in attesa di passare la parte stretta della clessidra e arrivare al metrò. Dopo un paio di minuti l’autobus ha fatto solo tre metri di strada e dal suo posto a sedere si alza un uomo sulla cinquantina portata male che si incammina verso il vano occupato dall’autista masticando dei biscotti, arrivato alla catenella di plastica che delimita il passaggio esclama a voce abbastanza sostenuta: “Scusi autista…” “Dica…” “Se lei si mette un po’ più a sinistra col bus i furbetti non passano avanti, il codice della strada glielo permette” “Lo so ma non è questo il problema, mi posso mettere anche tutto nell’altra corsia che tanto passano avanti e poi al semaforo si infilano” “Non è che possiamo sempre svegliarci due ore prima per arrivare giusti al lavoro perché restiamo bloccati due ore qui per i furbetti” “ Il problema non sono tanto i furbetti quanto il numero elevato di macchine che transitano in questa strada che è l’unica che ti porta fuori dalla città” “Sì certo ma intanto i furbetti passano, vede??” Indicando con un gesto del braccio la macchina che passa di fianco all’autobus sorpassandolo, benedice con una manciata di briciole il sedile alla sua sinistra che al momento fortunatamente è libero. “Lo so, sono anni che faccio questa linea” “No, non è che ci voglio insegnare qualcosa a lei ma mi sono rotto di aspettare per colpa dei furbetti, a lei non ci voglio insegnare niente, ci mancherebbe, è il suo lavoro lo sa fare…” Al termine della conversazione, l’uomo si gira e torna al posto continuando a masticare rumorosamente la colazione, imprecando contro i furbetti della Crocetta e gesticolando energicamente, lancia briciole di saggezza come polvere di stelle, e tutti magicamente ci trasformiamo in Winx urlando “Enchantix!!!” in piedi sui sedili alla Guido Meda.

PERSONALITA' DI FORTE IMPATTO

Ore 8.30, data 6 ottobre, condizioni del tempo: fresco ventilato leggermente nuvoloso, una discreta giornata di autunno. Signora elegante, alta e di corporatura snella, indossa un cappottino leggero nero, stivali alti indossati senza calze, gonna corta sopra al ginocchio, occhiali scuri e capelli neri raccolti in una morbida coda di cavallo bassa. Indossa degli auricolari vecchia maniera, quelli col filo, di colore bianco, che appoggiato sulla spalla risalta sulla mise total black. Ferma sul marciapiede è intenta a scrivere un messaggio sul suo smartphone e nello stesso istante ascolta una conversazione e risponde con voce bassa ed educata, cosa rara in una società dove tutto è urlato, anche i fatti personali, soprattutto i fatti personali. La signora elegante prosegue nei suoi lavori e terminato il tutto riprende la sua marcia verso altri impegni, alza il viso dal telefono in contemporanea con il primo passo in avanti e fa un frontalone lanciato col monopattino elettrico parcheggiato a venti centimetri da lei che era di fin da prima.

lunedì 28 settembre 2020

MUTATIS MUTANDIS

Sono passati tanti anni ma al ricordo di questa gaffe mi viene ancora da ridere. Come persona sono abbastanza schiva e parecchio asociale, non mi piace stare in mezzo al caos e mi vergogno di tantissime cose ma tutte le volte che faccio qualche minchiata riesco ad uscirne, o meglio, riesco a stare dentro all’imbarazzo facendo peggio della figura di menta stessa. Correva l'anno del vattelapesca, ero giovane, non avevo ancora quarant’anni e una sera decidiamo per una cena tra colleghe. “Andiamo al ristorante Messicano!!” Mi saltano già la lingua al pensiero del peperoncino Jalapeno, io non mangio piccante, riesco a mangiare solo il pepe se è poco, con ogni tipo di peperoncino mi si gonfia la bocca come un canott, figurati se mi ammazzo dalla gioia di una serata al Messicano! Alle mie rimostranze sulla presenza di piccante mi rassicurano: “No, tranquilla, hanno anche cose senza peperoncino, come il pollo ad esempio” Certo, come la volta che siamo andati al ristorante indiano: “Tranquilla, ci sono un sacco di cose non piccanti, come il pollo”, persino le tende del locale erano piccanti! Mentre i colleghi si sono mangiati anche le gambe del tavolo,io ho sorseggiato un bicchiere di latte alla vaniglia, unica sostanza alimentare innocente. Quando sento la frase: “Tranquilla, hanno anche cose senza peperoncino” nella mia testa parte l’immagine di Speedy Gonzales che corre urlando “Andale andale….arriba arriba…!!” con le fiamme attaccate al sedere. Ma torniamo a noi, per non essere sempre la spaccamaroni del piccante, accetto la serata al Messicano certa che avrei trovato qualcosa che avrebbe fatto al caso mio, probabilmente del pane. Arrivata al posto dell’appuntamento con largo anticipo, la fortuna vuole che nelle vicinanze ci fosse un grande magazzino di una catena a me molto cara, approfittando del tempo a mia disposizione faccio un giro senza impegno, non avevo in programma acquisti, non è comodo andare al ristorante con i sacchetti dello shopping. Girato in lungo e in largo il negozio arriva l’ora di uscire ma come sempre non a mani vuote, non ho resistito all’acquisto di una coulotte di raso blu che non non ho mai indossato tanto è scomoda, era solo bella da vedere. Come ho detto prima, andare al ristorante con i sacchetti dello shopping è scomodo e poco elegante, anche se la coulotte stava in un piccolo sacchetto di carta in borsa non ci stava, così decido di buttare il sacchetti di carta e mettere le coulotte direttamente nella borsa così passano inosservate. La serata tra amiche inizia, leggo il menù e tra un incendio e l’altro trovo del pollo non piccante, questa volta riesco a mangiare, si ride, si scherza, si mangia, io non bevo perché al tempo non assaggiavo nemmeno la birra,si fanno apprezzamenti sul cameriere con i capelli lunghi,le spalle larghe e due tasche dietro dei pantaloni da levare il fiato…. Ci si diverte e quando ci si diverte il tempo vola, la serata arriva al termine e dobbiamo avviarci alla cassa per saldare il conto. Decidiamo di fare alla romana, ognuno paga per sé, e mettiamo in difficoltà il cassiere che aveva già fatto il conto unico e poi si troverà a dover dividere anche i coperti. Arriva il mio turno, elenco quello che ho preso e il cassiere mi dice quanto devo,prendo il portafogli dalla borsetta che porto abitualmente al mio fianco sinistro,e con un gesto abbastanza veloce del braccio porto il portafogli davanti di fronte alla cassa. Durante il movimento non mi accorgo che al pendaglio della cerniera del portafogli si è impigliato il cartellino del prezzo della coulotte, e che nella velocità del movimento del braccio prende il volo leggiadra e leggera e atterra morbida addosso al cassiere. Il cassiere rimane fermo in silenzio mentrele colleghe dietro ridon sonoramente come pazze, il cicaleccio di sottofondo del ristorante pieno di peperoncino non permette che cada il gelo ed io, nel tentativo di cavarmi da questa situazione piccante che bene si sposa col posto, esclamo: “Guardi che sono pulite…”

Elegante taumaturgica Fontanella del gel

Elegante taumaturgica Fontanella del gel Sono un utente diligente. Mi hanno messo a disposizione il gel disinfettante all'interno delle stazioni del metrò e quindi ne faccio uso. Incuriosita dalla novità mi avvicino all'erogatore metallico alto un metro e mezzo e divertita dalla presenza di un pedalino per avere la dose, che detto così pare strano ma è così, schiaccio dapprima con cautela per accertarmi della quantità erogata. Schiaccio poco e vedo partire uno getto laterale anziché verticale sulla mano sotto al piccolo rubinetto. Riprovo ma stavolta metto la mano in modo da raccogliere sia di lato che di sotto nel caso scendesse da lì. Schiaccio il pedalino e viene giù una goccia, mi pare pochino e rischiaccio il pedalino, scende sempre un gocciolino ma decido che va bene così. Mi incammino verso le scale che portano al binario strofinando i palmi. All'inizio parte una saponata che averci avuto lo slittino avrei fatto la settimana bianca alla fermata 'San Babila. Dopo secondi infiniti che pare non asciugare mai, diventa talmente appiccicoso che se devi scendere due fermate dopo ti devi portare giù il sostegno. Poi all'improvviso la base alcolica sparisce e le mani restano morbide e profumate, ma sei già sei fermate dopo la tua. A me va bene che scendo al capolinea e fa in tempo ad asciugare anche quello che mi è colato fin sotto alle ascelle. (Ego sum minchiona)

mercoledì 29 luglio 2020

E' O' STESS

Sull'autobus di ritorno verso casa siamo tutti accaldati e stanchi dalla giornata quasi finita.
La vettura ferma non ha in funzione l'aria condizionata e la temperatura è notevole,assieme alla mascherina fa sudare le meningi che non hanno sfogo dal naso per il raffreddamento.
Seduto davanti a me c'è un giovane uomo sui 30/35 anni che urla al telefono con la moglie:
" E sì song andat all' Aucian, quello di Tibbaldi, ho preso il pan bauletto, era in offerta, costava 60 centesimi, vabbuò costa poco perché scade il 30 luglio ma è o' stess, una fetta di prosciutto, una di formaggio e 'o mangnamm.
No il pancarrè non c'era, no sì c'era ma costava di più, 70 centesimi, questo era in offerta a 60. Non è proprio il pan bauletto, è il pan bau, pan babau, bau bau..." e mentre abbaiava a vanvera, ravanando nel sacchetto della spesa, estrae vittorioso la confezione del pane ed esclama a gran voce "Buonpane! ecco, si chiama Buonpane.. tant è 'o stess!!"
Per un attimo cade il silenzio e pare ascoltare la moglie dall'altra parte, poi ricomincia: "Sì, ho preso anche la frutta, c'erano le pesche in offerta, quelle piatte,  tabbaccaio, tabbaccheria..." attimo di silenzio "eh tabbacchiera , se magnan uguale è 'o stesso!!"
La conversazione prosegue: " No guarda che non me l'avevi detto che era finito il latte, sennò lo prendevo, era in offerta... e che ne so quando scadeva...ma non ce n'è proprio più a casa? Mo' che scenn avanti al bar vedo se ne ha uno da darmi sennò fa niend, domani mattina ci pigliamo solo il caffè, è o' stess"
Adesso vado che il pullman parte, sce verimm  ropp, cià cià"
Finta la conversazione ripone il pan Bau Bau nel sacchetto, mette i piedi sul sedile davanti, abbassa la mascherina sotto il mento, cerca un numero della rubrica del telefono e urlando a bestia esclama:"Eeeeeeh Claudia comm stai? E' tanto che non ci sentiamo, e il concorso poi lo hai vinto? Sì? Ne ero certo, sei portata per l'ambiente medico, hai sempre voluto fare il tecnico di laboratorio, alla fine hai studiato per quello no? eh sì...come lavori alle Poste? Il concorso non era come tecnico di labboratorio? Vabbuò, l'importante è avere uno stipendio e un posto fisso poi è o' stess!!"
 Effettivamente non è che ha sbagliato tantissimo nella considerazione, ha sempre a che fare con dei prelievi, è o' stess!





mercoledì 22 luglio 2020

LE STAZIONI DELLA VIA CRUCIS

Viaggio di ritorno verso casa.
Salgo in metrò a Porta Venezia e mi sistemo su un bollone rosso in mezzo al vagone, di quelli scomodi da ‘abitare' perché in mezzo al vagone e quindi alle balle.
Ora i convogli sono molto più affollati dei mesi scorsi e non si trova spesso posto a sedere subito, occorre aspettare di arrivare alle stazioni che hanno le coincidenze con altre linee dove scendono parecchie persone.
Il treno parte e percorre velocemente il tratto verso  la stazione dopo e alla ripartenza si sente a voce molto alta un tale che esclama:
"oh Signore!"
Niente di strano, capita di sentire esternazioni sonore di ogni tipo, questa non è fastidiosa.
Arrivati alla stazione di Loreto scendono tante persone e si libera un posto poco distante da bollone dove mi ero sistemata, e prima che salgano agli altri passeggeri mi siedo e appoggio la borsa sul sedile di fianco, tanto non è agibile in questo periodo di distanze sociali.
Il treno riparte e l'altoparlante interno scandisce forte "PROSSIMA FERMATA PASTEUR, NEXT STOP PASTEUR" e tutti torniamo a farci i fatti nostri sui telefoni.
Il treno ferma e riparte, solito annuncio, solite azioni e poi si sente lo stesso tale di prima che a voce alta e decisa esclama:
"Oh Madonna!"
Il mio senso di ragno pizzica, questo non è a posto e mi sa che non è finita qui, mi distolgo apparentemente dai miei fatti e resto in ascolto.
Passano un paio di stazioni e si sente di nuovo:
"Oh Gesù!!"
Con apparente noncuranza mi giro a vedere chi fosse questo pio personaggio che dalla stazione di Loreto ha iniziato a sgranare il Rosario.
E' un baldo signore di gradevole presenza, sui 40/45 anni, robusto ma non troppo, capello rasato brizzolato, indossa dei jeans e una polo blu, mascherina coordinata nei colori e indossata in modo corretto, nel complesso ben tenuto.
Ne tempo in cui gli ho fatto la radiografia sono passate due stazione e sistemandosi meglio sul sedile esclama:
"Oh Signore!"
Nel frattempo il treno un po' si è svuotato e davanti a lui è rimasto un ragazzo in piedi che guarda distrattamente fuori dai finestrini il niente in galleria mentre ci avviamo all'arrivo nella stazione di Villa San Giovanni.
Il treno riparte e dopo pochi secondi il bellimbusto si alza di colpo con un atletico saltello esclamando:
"Oplà!" e si piazza di fianco al ragazzo soprappensiero che accenna ad un passo indietro sorpreso della presenza improvvisa del figuro che dice:
"Eh, mi alzo sempre un po' prima perché se aspetto all'ultimo resto su, ho un sonno della Madonna!
Mi preparo sempre due fermate prima, così mi allineo meglio"
Ma chi sei l'Apollo-Soyuz che si allinea con la stazione spaziale di passaggio?
Il ragazzo abbozza un sorriso che si percepisce dagli occhi e timidamente risponde:
" Capisco"
Il tale gli attacca un bottone che la metà ne basta e alla sua fermata saluta il ragazzo paziente con allegria mentre scende:
"Passa una buona serata, ci vediamo eh... ciao"
Il ragazzo risponde:
 "Arrivederci e buona serata anche a lei"
Il tale torna indietro e dalla banchina mentre si stanno chiudendo le porte urla:
"E  la Madonna! Dammi del tu che non ho novant'anni!"
Il treno riparte e arriviamo al capolinea, silenziosamente ci mettiamo in fila per scendere e uno ad uno, con un accenno ad una veloce genuflessione, scendiamo dal treno segnandoci velocemente.
Anche questa Via Crucis è finita, andiamo in pace.
















LA MASCHERINA GNOR NO' GNOR NO'

Bisogna mettere la mascherina.
Brontolano, lasciano il naso fuori, la mettono sotto al mento, sul braccio, sulla testa, dentro alle mutande, sotto l'ascella come se fossero a Parigi con una baguette.
Non si può entrare nelle aziende senza aver misurato la temperatura.
Rognano, fanno battute, aprono simposi sull'utilità della cosa, forse non hanno chiaro che la misurazione non avviene per via rettale e quando glielo spieghi non va bene lo stesso, vorrebbero bandire tutti i termoscan come armi di distruzione di massa
Occorre tenere la distanza di almeno un metro.
Ti stanno vicino come le portinaie degli anni del dopoguerra, quando ti raccontano che la figlia del ragioniere del quarto piano ha fatto.il guaio.
Tu indietreggi per ristabilire la distanza e questi avanzano inarrestabili come la calata degli Unni, allunghi la mano per far capire di 'stare lì' e cercano di prenderti il braccio con i tentacoli di Octopus.
Se gli giri le spalle ti saltano in groppa come uno zainetto dell'Invicta.
Ti si attaccano alla gamba come il cane che...lasciamo stare che ve lo siete immaginati tutti il movimento.
Tutto il tempo che impiegate a frastagliare la minchia è esattamente il triplo che impieghereste ad indossare correttamente la mascherina, farvi misurare la temperatura e a sta sü de doss.

venerdì 26 giugno 2020

BATTUTE DI SPIRITO


Pensionati ganassa della Milano bene che tornano a casa in autobus.

In una coppia di amici in genere c’è sempre quello più ‘brillante’, chiassoso, che ama attirare l’attenzione su di sé mentre l’altro fa da spalla, bersaglio di battute tristi lanciate nell’aria come frisbee convinti che facciano ridere.

Sulla 61, autobus che attraversa il centro della Milano da bere, salgono due amici dove uno dei due pare essersela davvero bevuta Milano.

Si vede subito che stanno bene a grana, piumino e scarpa firmati, cappotto in lana di cammello di ottima fattura e sciarpa in cashmere.

Uno dei due si siede mentre l’altro resta in piedi perché ‘lascio il posto agli anziani’ e dondolando pericolosamente ad ogni frenata e ripresa dell’autobus, non si aggrappa ai sostegni fino a che il baricentro non gli cade dietro la schiena  cercando di portarselo dietro.

Non smette mai di parlare, con un accento assurdamente milanese alla ‘cumenda’ che ogni volta che lo sento mi sembra incredibile che esista davvero,  ogni cosa genera un commento rivolto all’amico seduto:

“Ma te hai timbrato?”

“Ho l’abbonamento”

“Hai la tessera? Ma la devi timbrare lo stesso che se salgono i controllori ti pestano su una multa che mollami… ma te non dovresti pagare la tariffa intera, dovresti pagare la metà di 75 centesimi come accompagnatore di disabile, che sono io…” ed esplode in una sonora risata che diverte solo lui perché anche con tutta la mia buona volontà non riesco a capire la teoria del ragionamento, l’unica cosa che capisco è la disabilità mentale che non finirà di stupirmi fino alla fine del viaggio.

L’amico seduto cerca di rispondere qualcosa ma non riesce a trovare il tempo giusto tra una parola e l’altra e questo continua:

“Te domani ci sei? Io non lo so, se non vado al funerale della nonna del mio amico d’infanzia non vengo” 

“ma quanti anni aveva?” chiede l’amico seduto.

“eh…certo che quando la sfiga ci si mette, era il giorno di Natale, erano in macchina stavano andando dai parenti, passano lo stop, la macchina dall’altra parte non si ferma e bum! Via mezza fiancata, la nonna morta sul colpo”

Mimando la dinamica con un gesto secco della mano  che taglia l’aria all’altezza della cintura.

“ma quanti anni aveva?” chiede di nuovo l’altro

“ma quanti vuoi che ne avesse, che ne so, ne ha duemila il mio amico sua nonna ne avrà avuti almeno di più”

Eh, come ragionamento non fa una piega.

Ancora ora i passeggeri dell’autobus si stanno chiedendo come facesse ad avere ancora la nonna il suo amico se erano bambini assieme e lui ne avrà una sessantina abbondante.

“Oh e in ospedale le hanno fatto l’autopsia, ma cosa cazzo la fai a fare l’autopsia, l’ha centrata un tir di cosa cazzo vuoi che sia morta, di morte naturale?

Comunque non dovevi insistere a pagare te il grappino, vieni lì si mangia, si parla e poi te paghi, ci si mette d’accordo, non ho mica capito”

Adesso però ho capito io.

“va bene, allora domani lo paghi te”

“E no, valeva solo per oggi ( e giù un’altra risata) perché non lo fai pagare all’architetto, quello sì che ci va giù, meglio che lo paga lui che se lo paghi te gli devi pagare la bottiglia intera, beve come una spugna e non ha niente, sano come un pesce, se bevevo io così a quest’ora altro che cirrosi”

Sicuramente ti sei bevuto tutti i congiuntivi

L’amico seduto riesce a prenderlo in controtempo e risponde con tono pacato due toni sotto al suo:

“Cosa ne sai te se non ha niente, magari ne ha talmente tante che beve per affogare…”

Rapido come una faina il tipo non lascia finire la frase e interrompe:

“Affogare cosa, con tutto quello che beve affogherebbe anche una balena” e si sganascia in una grassa risata.

Una brusca frenata dell’autobus, che evita di tamponare una macchina che gli taglia la strada, interrompe la divagazione sull’architetto dedito all’alcol e l’amico seduto chiede:

“Cosa succede?”

E quello in piedi risponde: “Cosa succede, va sto pirla, complimenti, bella manovra coglione”

“Ma chi è?” chiede l’altro

“Chi è chi è, è quello….è uno”

 

Nel  frattempo l’autobus sussulta su pavè sconnesso di Largo Cairoli sballottando il bauscia, che instabile sulle gambe, si cimenta in una pericoloso volteggio disarticolato che termina appeso ai sostegni esclamando:

 “ E la madona, ma perché sto pavè del cazzo non lo tirano su che non ci sono più i cavalli a Milano, non serve a niente, solo a rompere i giunti delle macchine, e tutti quei chilometri di binari che non servono a un cazzo cosa li lasci a fare in mezzo alle balle che poi la gente ci va dentro con le ruote delle biciclette e si ammazza, quelli che dicono di girare in bicicletta a Milano è perché non ci sono mai andati in giro in bicicletta, prova e poi me la racconti, poi m i dici di usare i mezzi, ma se ci sono i pirla sulle macchine”

Ma anche sui mezzi non ci facciamo mancare niente.

“E’ il sindaco che non fa quello che deve fare, ma si può viaggiare a sto modo?

Che investa a mettere a posto le strade, invece di investire i soldi dei cittadini nel Gay Pride, che vada a dar via il culo”

Appunto…

Mentre l’amico si alza preparandosi a scendere si attacca al sostegno vicino alla porta e timidamente azzarda un:

“Meglio che mi attacchi che se mi si rompono le uova come l’altra volta… avevo comprato delle uova spettacolari e sono arrivato a casa con la frittata nel sacchetto”

Pronto il ganassa risponde:

“Come fanno delle uova ad essere spettacolari erano più ovali delle altre? Ma dai fammi il piacere!!!! Fai il bravo”

L’autobus si ferma, scende l’amico con le uova e lui lo segue, non vede il cordolo dissestato del marciapiede e si piega pericolosamente come certe navi che fanno l’inchino, rimasto in piedi per miracolo tira giù un porcone da manuale benedicendo il sindaco, la giunta e la dirigenza comunale davanti alla meravigliosa torre del Filarete.