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lunedì 23 agosto 2021

LE MIE PALPITAZIONI

Ero in quinta elementare, avevo dieci anni ed ero rinchiusa in uno scafandro di timidezza esagerato che non mi ha mai abbandonato. Ogni interrogazione era un supplizio, ero a disagio per tutto, ogni volta che sentivo il mio cognome venivo preso dall’angoscia da arrivare al punto di non riuscire a capire più niente, mi si abbassava l’udito, mi si seccava la bocca e diventavo rossa in viso da sembrare infuocata. Quando abbiamo studiato Silvio Pellico e i racconti dallo Spielberg, ogni volta che si parlava di Pietro Maroncelli erano salti sulla sedia, sembrava sempre che chiamassero me e ogni volta non capivo in che punto dell’Universo mi trovassi in quel momento e quando riuscivo a capire che era Maroncelli tirato in causa, era ormai finita la lezione ed io ero sudata marcia. Una mattina stavamo leggendo in classe, a turno si veniva chiamati a sorpresa, per vedere se eravamo attenti e tenevamo il segno. Praticamente una roulette russa, ogni volta che la maestra diceva ‘STOP’ sentivo il tamburo della pistola girare e pregavo che il proiettile non si fosse fermato vicino alla mia tempia. Generalmente ero attenta in classe, seguivo le lezioni e stavo attenta quando si leggeva proprio per la paura di essere chiamata. Quel giorno il tamburo aveva girato male e la canna con il proiettile si era appoggiata alla mia tempia. Appena la maestra pronunciò il mio nome mi si abbassò l’udito, vidi i pallini davanti agli occhi e persi il segno sul libro. Nel tentativo di riprendere il controllo della situazione annaspai nel vuoto e quando mi resi conto di non avere nulla a cui aggrapparmi cercai di buttarla sulla fortuna e iniaziai a leggere una riga a cas sperando fosse quella giusta, ovviamente non lo era e la classe scoppiò in una risata sonora che mi mandò ancora di più in confusione. La maestra cercò di salvarmi da quella disfatta dove Caporetto ne usciva come vittoriosa e mi indicò dove fossimo arrivati a leggere e di proseguire da lì. Cercai di riprendere la calma ma non mi riuscì granché bene, sentivo la mia voce rimbombare nella testa e il cuore battermi nelle tempie, non ricordo una virgola di quello che lessi solo che ad un certo punto c’era l’abbreviazione S.M. davanti al nome di un sovrano che ovviamente io non capii. Non fui intelligente da fermarmi e chiedere alla maestra cosa volesse dire, temevo di fare un’altra pessima figura davanti alla classe, così proseguii a leggere e anziché dire Sua Maestà…lessi Santa Maria! Vennero giù le pareti dell’aula dal fragore delle risate dei compagni, io mi perso completamente nella vergogna e mi trovai catapultata nello Spielberg assieme a Pellico e Maroncelli, almeno lì avrei avuto il cinquanta per cento di probabilità che in una ipotetica chiamata per cognome sarebbe stato Pietro e non io.

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