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lunedì 23 agosto 2021

L’USCITA DAL MONDO DI FRUTTA CANDITA

Ero in seconda elementare e avevo sette anni quando il mondo mi è crollato addosso per la prima volta. Era da poco che ci eravamo trasferiti da Milano nella città dove vivo tutt’ora, non sono mai stata un campione di socializzazione, la timidezza mi ha soffocato con l’edera di Nilla Pizzi per tutto il periodo delle scuole. Ero riuscita ad avere però un’amichetta, la mia compagna di banco che sicuramente ci si è seduta lei accanto a me, non ricordo di aver avuto mai iniziative così eclatanti e che è stata la mia prima amica del cuore fino all’età di 14 anni, poi le nostre strade di sono divise e ci siamo ritrovato qualche anno fa grazie ad un social. Era una bambina molto attiva, nell’arco degli anni delle elementari faceva sport, un corso di inglese, nei week end invernali andava a sciare con la famiglia a Bobbio, mi ricordo ancora dove. In estate andava al mare e sapeva nuotare, era molto sveglia e sapeva un sacco di cose, da lei scoprii che nelle scarpe delle ballerine classiche c’era il gesso in punta mentre io pensavo che stessero su tutto a forza di piedi, mi disse cosa facevano esattamente marito e moglie da sposati, mentre io pensavo che l’essere sposati si riducesse tutto a dormire nello stesso letto e discutere a tavola all’ora di cena, mi spiegò cosa volesse dire violentare una persona e con una mestria da arciere professionista, tirò giù l’ultima cicogna dal campanile della chiesa del prevosto, spiegandomi come nascevano i bambini. Potrei fermarmi qui ed uscirne come Nino Benvenuti nel 1970 con Carlos Monzon, sconfitto, pesto, barcollante ma in piedi, invece il più bello dei mari non lo avevamo ancora navigato. Una mattina di dicembre, durante una ricreazione, parlavamo del Natale imminente. Ho sempre amato questo periodo dell’anno, ancora ora mi è molto caro, ci sono i sassi, le luci, Babbo Natale….e quella mattina Rossana mi disse che Gesù Bambino che porta i doni non esisteva, che erano mamma e papà che mettevano i regali sotto all’albero mentre i bambini dormivano. Un frontale col tram avrebbe fatto meno male e ovviamente non le credetti, mi si scombussolò l’anima fino all’ora di tornare a casa per chiedere conferma ai miei genitori, ero certa che non mi avessero mentito e che Rossana si fosse presa gioco di me ma ormai avevo mangiato dell’albero della conoscenza e il seme del dubbio si era insinuato nella mia mente. Una volta a casa ne ebbi la conferma dalla mamma e tutto intorno cambiò, la magia svanì lasciando un vuoto dentro e una delusione profonda che a distanza di cinquant’anni riesco ancora a provare ogni volta che penso a quel momento e indossando una foglia di fico mi incamminai verso l’uscita dell’Eden.

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